Psicología

Centro MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Tradicional

Psicoterapia Clínica cognitivo-conductual (una revisión vital, herramientas para el cambio y ayuda en la toma de consciencia de los mecanismos de nuestro ego) y Tradicional (una aproximación a la Espiritualidad desde una concepción de la psicología que contempla al ser humano en su visión ternaria Tradicional: cuerpo, alma y Espíritu).

“La psicología tradicional y sagrada da por establecido que la vida es un medio hacia un fin más allá de sí misma, no que haya de ser vivida a toda costa. La psicología tradicional no se basa en la observación; es una ciencia de la experiencia subjetiva. Su verdad no es del tipo susceptible de demostración estadística; es una verdad que solo puede ser verificada por el contemplativo experto. En otras palabras, su verdad solo puede ser verificada por aquellos que adoptan el procedimiento prescrito por sus proponedores, y que se llama una ‘Vía’.” (Ananda K Coomaraswamy)

La Psicoterapia es un proceso de superación que, a través de la observación, análisis, control y transformación del pensamiento y modificación de hábitos de conducta te ayudará a vencer:

Depresión / Melancolía
Neurosis - Estrés
Ansiedad / Angustia
Miedos / Fobias
Adicciones / Dependencias (Drogas, Juego, Sexo...)
Obsesiones Problemas Familiares y de Pareja e Hijos
Trastornos de Personalidad...

La Psicología no trata únicamente patologías. ¿Qué sentido tiene mi vida?: el Autoconocimiento, el desarrollo interior es una necesidad de interés creciente en una sociedad de prisas, consumo compulsivo, incertidumbre, soledad y vacío. Conocerte a Ti mismo como clave para encontrar la verdadera felicidad.

Estudio de las estructuras subyacentes de Personalidad
Técnicas de Relajación
Visualización Creativa
Concentración
Cambio de Hábitos
Desbloqueo Emocional
Exploración de la Consciencia

Desde la Psicología Cognitivo-Conductual hasta la Psicología Tradicional, adaptándonos a la naturaleza, necesidades y condiciones de nuestros pacientes desde 1992.

lunes, 30 de septiembre de 2024

Europa o la Cristianità


Europa o la Cristianità

Splendidi tempi erano quelli in cui l’Europa era terra cristiana; allora una Cristianità sola abitava questa parte del mondo organizzata come un corpo umano; allora un comune interesse collegava le più lontane provincie di questo ampio reame spirituale. – Un capo, pur non avendo grandi possessi terreni, dirigeva ed univa le grandi forze politiche. – Ed una corporazione, ricca di confratelli, a tutti aperta, gli era sottoposta immediatamente, eseguiva con esattezza i suoi ordini, e lottava con ardore per assodare la sua potenza benefica. Ogni membro di questa società era ovunque onorato, e, come il popolo cercava da lui conforto ed aiuto, protezione o consiglio (e perciò volentieri lo provvedeva riccamente di ogni cosa necessaria), così lui presso i potenti trovava protezione, riguardi, udienza. Tutti consideravano questi uomini eletti armati di forze meravigliose, come figli del cielo, che, con la loro presenza e con il loro effetto, spargevano benedizioni d’ogni specie. Le loro predicazioni trovavano negli uomini fiducia ingenua. – Ogni opera terrestre poteva esser compiuta serenamente, poiché per mezzo di questi santi uomini ognuno aveva apparecchiato un avvenire sicuro, e per mezzo loro ogni peccato era rimesso ed ogni istante di vita macchiato veniva reso puro e cancellato. Essi erano i piloti esperti di un mare sconosciuto, e, guide loro, ogni tempesta si doveva disprezzare, e si doveva avere fiducia di arrivare e di sbarcare alla costa di quel mondo che veramente ci è patria.

Gli istinti più selvaggiamente ingordi dovevano cedere, riverire ed obbedire alle loro parole governatrici di pace. – Essi non predicavano che amore per quella Santa e meravigliosa Signora della Cristianità, che era munita di divini poteri, e disposta a salvare ogni credente nei più terribili pericoli. Narravano di celesti uomini da molto tempo morti i quali, avendo vinto le tentazioni terrene per l’amore e per la fedeltà a quella Santa Signora e al suo divin figlio diletto, erano giunti alla gloria divina; ed ora, pervenuti al trono celeste, erano diventati potenze protettrici e benefiche dei loro fratelli ancora viventi, sostenitori volenterosi nelle necessità, intercessori per i peccati umani, efficaci amici del genere umano. L’animo era rasserenato uscendo dalle belle riunioni nelle chiese piene di mistero, ornati di immagini edificanti, colme di soavi vapori, animate dalla musica sacra che esaltava i cuori. In esse, entro preziosi reliquari, venivan custoditi con religione i resti consacrati degli uomini pii. Accanto a questi, manifestazioni e miracoli gloriosi palesavano la bontà e l’onnipotenza di Dio, e la possente carità di queste felici anime pie; così gli innamorati conservano riccioli o scritti delle loro amate defunte e con essi nutrono il dolce ardore fino alla morte che li riunisce alle amate. Con cura di intima pietà si raccoglieva ovunque quel che era appartenuto a queste sante anime, ed ognuno si stimava felice quando aveva potuto ricevere o soltanto toccare reliquie così piene di conforto. Qui e là, la grazia celeste sembrava essersi posata di preferenza sopra una particolare immagine o sopra un tumulo. Colà si riversavano da tutte le contrade pellegrini con regali splendidi, e in cambio ne riportavano i doni celesti della pace spirituale e della salute corporea.

Questa potente società pacificatrice cercava di rendere partecipi di questa bella fede tutti gli uomini, e mandava i suoi soci in tutte le parti del mondo per predicare ovunque il Vangelo della Vita e per trasformare il regno dei cieli in un solo regno di questo mondo. Giustamente il saggio capo della Chiesa si opponeva all’audace formarsi di disegni umani dannosi al sentimento religioso, ed alle pericolose e inopportune scoperte nel campo scientifico. Così egli proibiva ai pensatori più arditi di affermare apertamente che la terra fosse una stella vagante di nessun conto, poiché sapeva che gli uomini insieme alla stima per la loro dimora e per la loro patria terrena perdevano anche la stima per la loro patria celeste e per la loro schiatta; perché sapeva che gli uomini preferivano il sapere ristretto alla fede infinita e che si sarebbero abituati a disprezzare ogni cosa grande e meravigliosa e a trattarle come inanimate operazioni meccaniche. Alla sua corte si radunavano i saggi e i nobili di tutta Europa. Tutti i tesori vi affluivano, la distrutta Gerusalemme si era vendicata, e Roma stessa era diventata Gerusalemme, la sacra sede in terra del regno divino. I principi presentavano le loro contese al padre della Cristianità, e deponevano volentieri ai suoi piedi le loro corone e i loro domini; e perfino stimavano glorioso il compiere la sera del loro vivere in meditazioni sante fra le mura di un chiostro quali membri di questa nobile corporazione. Che questo governo e questa corporazione fosse benefica e conveniente all’intima natura dell’uomo, lo mostra la possente elevazione di tutte le altre forze umane, lo sviluppo armonico di tutte le capacità, l’altezza prodigiosa raggiunta da singoli uomini in tutti i campi sia nelle scienze che nelle arti e nella vita, ed il commercio ovunque fiorente di merci terrene come di merci spirituali nei paesi circostanti all’Europa, e perfino nelle più lontane Indie.

Questi erano i veri ed essenziali lineamenti del puro tempo cattolico, cioè del puro tempo cristiano.

Ma l’umanità non era per questo splendido regno ancora abbastanza matura, abbastanza incivilita. Fu come un primo amore, soffocato sotto l’oppressione della vita d’affari; i suoi ricordi furono cancellati da preoccupazioni di interessi, e il legame suo, diffamato come ingannevole ed illusorio e giudicato alla stregua di esperienze posteriori, – fu per sempre spezzato da una gran parte degli Europei. Questa grande scissione interna che accompagnavano guerre disastrose, era un sintomo notevole del danno prodotto dalla coltura al senso delle cose invisibili, o per lo meno del danno temporale di una cultura fermatasi a un certo grado. Poiché quel senso è immortale, né può essere annientato, ma possono altri sensi turbarlo, storpiarlo, soppiantarlo. – Una troppo lunga comunione degli uomini diminuisce l’inclinazione e la fede nella loro specie, e li abitua ad applicare tutta la loro inventiva e tutti i loro studi agli strumenti del benessere solo, sicché i bisogni e le arti del loro appagamento divengono più complicati, e l’uomo riempito di cupidigia ha bisogno di tanto tempo per rendersene pratico e migliorarle che non glie ne rimane più per il quieto raccoglimento dell’anima, e per una accurata osservazione del mondo intimo. – Nei casi di conflitto l’interesse terreno gli sembra più vicino, e così cadono l’amore e la fede, i bei fiori della sua giovinezza, per lasciare il posto a frutti più rozzi, la scienza e la ricchezza. Quando siamo nell’autunno inoltrato, la primavera ci sembra un sogno infantile, e con una semplicità fanciullesca si spera che i granai debbano sempre durare. Una certa solitudine pare che sia necessaria al prosperare dei sentimenti superiori, e perciò un troppo attivo commercio degli uomini fra di loro deve seccare parecchi germi sacri, e scacciare gli Dei che fuggono l’inquieto tumulto delle società, e le piccolezze dei negozi quotidiani.

D’altronde noi abbiamo da fare con epoche e con periodi – e perché questi si formino non è cosa essenziale l’oscillazione e lo scambio di moti opposti? e non è proprietà di questi l’avere una durata limitata, ed essere ora in aumento ora in diminuzione? e non c’è anche da attendersi con certezza una loro resurrezione, un ringiovanimento in una nuova forma più vigorosa? La materia della storia è formata di evoluzioni progressive sempre più poderose. Ciò che oggi non si compie, si compirà in un tentativo futuro, o in uno ancor posteriore. Ciò che la storia ha afferrato per una volta, non è passeggero; si nasconde sotto innumerevoli trasformazioni, e in forme sempre più mature torna a comparire. Così il Cristianesimo apparve una volta nella sua massima potenza e ricchezza, finché la sua rovina e la sua lettera priva di spirito furono dominate, crescendone la debolezza e il disprezzo, da una nuova inspirazione mondiale. La corporazione dei sacerdoti divenuta sicura e salda, si impigrì infinitamente. Sentendosi stimata e agiata essa si fermò, mentre i laici le toglievan di mano l’esperienza e il sapere, e facevan molti passi sul cammino della coltura. Avendo dimenticato il loro vero officio, quel d’essere i primi fra gli uomini per l’intelligenza, per l’acutezza, per la coltura, le cupidigie più basse li avevano inebriati, e la volgarità e bassezza del loro modo di pensare apparivano ancora più repugnanti per il loro abito e per la loro vocazione. Caddero così a poco a poco la stima e la fiducia, che erano sostegni di questo e di quel regno, e la corporazione fu perciò annientata e l’impero di Roma restò lungo tempo silenzioso davanti alla potente insurrezione. Soltanto misure saggie, anzi soltanto temporali preservarono il cadavere dello Stato da un dissolvimento precipitoso; ad esso appartiene la proibizione del matrimonio dei sacerdoti – una regola che applicata loro come lo era ai soldati, conferiva a quelli la stessa temibile disciplina di questi e ne poteva così prolungare molto la vita. Il che era conseguenza più naturale della predicazione che una testa esaltata intraprese per l’aperta ribellione contro la dispotica lettera dell’antica costituzione; ed essa ebbe tanta maggiore fortuna, in quanto era di un socio della corporazione.

Si dissero giustamente protestanti gli insorti, perché essi protestavano solennemente contro ogni usurpazione sulla coscienza di un potere che appariva inopportuno e illegale. Essi ripresero per sé i diritti, tacitamente da loro ceduti, sull’esame, sulla elezione, sulla scelta religiosa, come se fossero stati vacanti provvisoriamente. Stabilirono una quantità di massime eque, introdussero novità lodevoli, ed abolirono un buon numero di costituzioni guaste; ma dimenticarono qual sarebbe il resultato del loro procedere, separando l’inseparabile, spezzando la chiesa che era indivisibile, e strappandosi con oltraggio dalla comunità cristiana universale, per mezzo della quale e nella quale soltanto era possibile la vera e duratura risurrezione. La condizione di anarchia religiosa doveva essere soltanto passeggera, poiché la necessità di dedicare una quantità di uomini unicamente a quella nobile vocazione e di renderli rispetto agli avvenimenti terreni liberi d’ogni potere temporale, rimaneva permanentemente valida ed attiva. – La creazione dei concistori e la conservazio0ne di una specie di clero, non corrispose a questi bisogni, né fu sufficiente surrogato. Per un caso disgraziato i principi si mescolarono a questa scissione, e molti sfruttarono queste contese per assodare ed ampliare la loro sovrana potenza e le loro rendite. Essi erano lieti d’essersi liberati da quella alta influenza, ed ora prendevano i nuovi concistori sotto la loro paterna direzione e protezione. Essi premurosamente si studiavano di impedire la completa riunione delle chiese protestanti, cosicché la religione fu, contro il senso religioso, rinchiusa in confini di Stato, e fu stabilito il principio di un progressivo e lento logoramento dell’interesse religioso cosmopolita. Così la religione perse la sua grande influenza politica pacificatrice, quella sua caratteristica parte del principio cristiano unificatore e individualizzatore. La pace religiosa fu conclusa secondo principi erronei ed antireligiosi, e per mezzo della continuazione del cosiddetto protestantismo, si stabilì qualcosa che era in sé contraddittorio: – un governo della rivoluzione.

Mentre in fondo al protestantesimo non si trovava soltanto quel puro concetto, nondimeno Lutero trattava il Cristianesimo in modo affatto arbitrario, svisava il suo spirito, introduceva una nuova lettera ed una nuova religione, cioè, la sacra ed universale validità della Bibbia; e con ciò un’altra scienza terrena completamente estranea veniva mescolata agli interessi religiosi: – la filologia, la cui dannosa influenza fu visibile fin d’allora. Per un oscuro sentimento di questo errore, Lutero stesso fu innalzato alla dignità di evangelista, e la sua traduzione fu canonizzata.

Questa scelta fu assai dannosa al senso religioso, la sensibilità del quale, da nulla è più ottusa che dalla lettera. Nella condizione anteriore non sarebbe potuto diventare così dannoso a causa della grande estensione, della malleabilità e della ricca materia della fede cattolica, come pure per causa della esoterizzazione della Bibbia, della sacra potenza dei Concili e del Capo spirituale; ma ora questi antidoti eran distrutti, l’assoluta popolarità della Bibbia era affermata, ed ora il povero contenuto e il rozzo ed astratto concetto della religione pesavano in questi libri più sensibilmente, e rendevano infinitamente più difficile allo Spirito Santo la libera vivificazione, la penetrazione e la rivelazione.

Perciò la storia del protestantismo non ci mostra più alcuna grande, splendida apparizione del sovrumano. Soltanto nel suo inizio splende un passeggero fuoco celeste; ma dopo, ben presto si può notare l’inaridire del sentimento. Le cose mondane hanno il sopravvento, e per simpatia ne soffre il senso dell’arte; soltanto di rado, qui e là, una pura ed eterna scintilla scaturisce per assimilarsi una piccola comunità. Ma si estingue, e la comunità si scioglie e scorre via rapita dalla grande corrente. Così accade a Zinzendorf, a Jacob Böehme ed a parecchi altri. I moderati ottengon la prevalenza, e si avvicina il tempo di una completa atonia degli organi supremi, il periodo della incredulità pratica. Con la Riforma, la Cristianità si può dire finita. D’allora in poi non ne esisté più alcuna. I cattolici e i protestanti o riformati se ne stavano separati settariamente come i Maomettani e i Pagani. Gli stati cattolici restanti continuavano a vegetare, non senza provare l’influenza nociva degli stati protestanti vicini. La nuova politica nasceva per la prima volta in questo momento in cui i singoli stati più potenti cercavano di impadronirsi del seggio universale trasformato in trono.

Alla maggior parte dei principi sembrava un abbassamento il dirigersi secondo i consigli di un prelato impotente. Essi sentivano per la prima volta l’importanza della loro potenza terrena, vedevano le potenze celesti immobili mentre si oltraggiavano i loro rappresentanti, e cercavano a poco a poco, senza strepito, di togliere l’oneroso giogo romano ai sudditi ancora calorosi papisti, e rendere se stessi indipendenti sulla terra. Acquetavan la loro coscienza accorti confessori, che non perdevano nulla quando i loro figli spirituali usurpavano i poteri della Chiesa.

Fortunatamente per l’antica costituzione si segnalava in questo momento un ordine da poco sorto, sul quale lo spirito morente della gerarchia sembrava avere versato i suoi ultimi doni; esso apparecchiava un ritorno del passato con nuova forza e con una meravigliosa perspicacia e perseveranza, più accorto di quanto mai fosse avvenuto, proteggeva il regno papale e la sua possente rigenerazione. In tutta la storia del mondo non s’era mai data una siffatta corporazione. Lo stesso Senato Romano, sebbene godesse d’una maggiore sicurezza per l’esito, non aveva gettato disegni per la conquista del mondo. Né si era mai pensato con una più grande intelligenza al compimento di una più grande idea.

Questa Compagnia sarà eternamente non solo il modello di tutte le società che provano un organico desiderio di espansione sconfinata e di durata eterna, ma anche una prova che soltanto i tempi di debolezza soffocano le audaci imprese e che lo sviluppo naturale di tutta la razza opprime senza che possa resistere lo sviluppo artistico di una sua parte. Ogni individuo per sé ha una sua quantità di capacità, soltanto la capacità della razza è incommensurabile. Tutti i disegni che non rispondono perfettamente alle capacità della razza debbono fallire. Sarà ancor più notevole questa Compagnia, se considerata come madre di tutte le società così dette segrete, germe spirituale ancora immaturo ma certamente importante. Il nuovo luteranismo, non il protestantismo, non poteva avere nemici più pericolosi. Tutte le meraviglie della fede cattolica tornavano ad essere fra le loro mani ancor più potenti, e i tesori delle scienze affluivano di nuovo nelle loro celle. Quel che in Europa era perduto, essi cercavano di recuperarlo con vari mezzi nelle altre parti del mondo, nel più lontano occidente ed oriente, resuscitando e dando nuovo valore ai miracoli ed alla vocazione degli Apostoli. Essi pure non rimanevan secondi nelle fatiche per ottenere popolarità, sapendo bene quanto doveva Lutero ai suoi artifici demagogici e al suo studio della gente comune. Ovunque aprivano scuole, penetravano nei confessionali, salivano le cattedre, occupavano le tipografie, divenivano poeti e saggi, ministri e martiri, e sebbene sparsi straordinariamente, dall’America traverso l’Europa fino alla Cina, pure conservavano un accordo meraviglioso nell’azione e nella dottrina. Con saggia scelta dalle loro stesse scuole traevano gli uomini del loro ordine. Predicavano contro i luterani con zelo demolitore e cercavano di mettere fra i più urgenti doveri della cristianità cattolica la più assoluta estirpazione di questi eretici, quali veri compagni del diavolo. Gli stati cattolici, e specialmente quello del Papa, li dovevano ringraziare d’essere sopravvissuti a lungo alla Riforma, e chi sa quale forma antica avrebbe il mondo, se la debolezza dei capi, la gelosia dei regnanti e degli altri ordini ecclesiastici, gli intrighi di corte ed altre circostanze di peso, non avessero interrotto il loro cammino audace, e distrutto con loro quasi l’ultimo baluardo della costituzione cattolica.

La Riforma era stata un segno dei tempi. Per tutta l’Europa era significativa sebbene scoppiata apertamente soltanto nella veramente libera Germania. Le persone istruite di tutte le nazioni si erano dichiarate nascostamente maggiorenni, e si ribellavano, nell’ingannevole amor proprio professionale, contro la costrizione, e tanto più arditamente quanto più essa era indebolita. Lo scienziato è per vecchia costituzione un nemico del clero; lo scienziato e il sacerdote debbon combattere a morte quando sono separati, perché combattono per uno stesso posto. Questa separazione si mostrò dopo la Riforma specialmente negli ultimi tempi, e gli scienziati guadagnavano tanto terreno di più quanto più la storia dell’umanità europea si approssimava al periodo della scienza trionfatrice, e il sapere entrava in opposizione decisa con la fede. Nella fede si cercava la cagione di questo universale ristagno e si cercava di vincerlo per mezzo di una scienza che penetrasse ovunque. Dappertutto il sentimento religioso subì varie persecuzioni per la forma fino allora mantenuta e per la sua personalità temporale. Il risultato di questo moderno modo di pensare ebbe nome filosofia, nella quale si comprese tutto ciò ch’era contrario all’antichità, specialmente ogni trovata contraria alla religione. L’odio, da prima personale, contro la fede cattolica, divenne, a poco a poco, odio contro la Bibbia, contro la fede cristiana e, finalmente, contro la stessa religione. Per di più l’odio della religione si estese, naturalmente e logicamente, a tutte le sorgenti di entusiasmo, proscrisse la fantasia e il sentimento, la morale e il culto dell’arte, il pensiero del futuro e del passato, pose l’uomo nel regno degli esseri naturali sottoposti al bisogno e trasformò la musica, infinitamente creativa dell’Universo nell’uniforme rumore di un mostruoso mulino mosso dalla corrente del caso e su questa surnuotante, in un mulino autonomo senza architetto né mugnaio, un vero e proprio «mobile perpetuo», un mulino macinante se stesso.

Un solo entusiasmo era generosamente lasciato alla povera umanità e adoprato quale indispensabile pietra di saggio della massima cultura per ogni azionista di questa – l’entusiasmo per questa magnifica e grandiosa filosofia ed in particolare per i suoi preti e mistagoghi. La Francia fu così fortunata di diventare culla e seggio di questa nuova fede composta di pura scienza. Per quanto screditata fosse la poesia in questa nuova Chiesa, pure vi erano alcuni poeti i quali, per amore dell’effetto, si servivano ancora degli antichi ornamenti e delle vecchie fiaccole pur correndo il rischio di incendiare con il vecchio fuoco il nuovo sistema del mondo. Però gli associati più accorti sapevano annaffiar d’acqua fredda gli uditori che s’erano entusiasmati. Essi si occupavano, senza riposo, di purificare dalla poesia la natura. il suolo, l’anima umana e le scienze, di cancellare ogni traccia di cose sante, di avvilire con l’ironia il ricordo di tutti gli avvenimenti e di tutti gli uomini superiori e di spogliare il mondo di tutti i suoi variopinti ornamenti. La luce per la sua obbedienza matematica e per la sua impudenza era diventata la loro favorita, e più si rallegravano di spezzarla che di farla giocare con i colori; da quella dettero nome alla loro grande impresa: l’illuminismo. In Germania l’affare fu condotto a fondo, il sistema educativo fu riformato e alla vecchia religione si cercò di dare un senso nuovo, più razionale e più comune, mentre si aveva cura di toglierle ogni sospetto di miracolo e di mistero; l’erudizione fu tutta bandita per togliere ogni rifugio alla storia volendosi trasformar questa in una casalinga e borghese pittura degli usi civili e famigliari; Dio fu mutato in un fannullone spettatore del grande commovente spettacolo che gli scienziati rappresentavano, finito il quale, egli era obbligato ad ospitare ed onorare festosamente il poeta e gli attori. Al popolino si rivolse di preferenza l’illuminismo, educandolo per quel civile entusiasmo; cosicché nacque una nuova corporazione europea, quella dei filantropi e degli illuministi. Peccato che la natura rimanesse così meravigliosa e incomprensibile, così poetica e indefinita a dispetto di tutti gli sforzi per farla moderna. Se per caso appariva in qualche posto una vecchia superstizione che affermasse un mondo superiore, subito da ogni parte si gridava «alle armi!» e dov’era possibile si spengeva la pericolosa scintilla con le ceneri della filosofia e dell’ironia. Pure la tolleranza era la parola d’ordine delle persone civili e specialmente in Francia era diventata un sinonimo di filosofia.

Questa storia della incredulità moderna è assai importante come chiave di tutti gli inauditi fenomeni dei nuovi tempi. Soltanto in questo secolo e soprattutto nella sua ultima metà essa incomincia e si sviluppa in breve tempo in grandezza e varietà incommensurabili. Una seconda riforma, più vasta e più profonda, era inevitabile e doveva per il primo colpire il paese ch’era più moderno e che s’era trovato più a lungo, per mancanza di libertà, in condizioni asteniche. Da molto tempo il fuoco soprannaturale si sarebbe sviluppato ed avrebbe incenerito i più accorti disegni dell’Illuminismo se il peso e l’influsso mondano non avessero dato loro un buon successo.

Ma nel momento in cui nasceva una scissione fra scienziati e possenti, fra i nemici della religione e i suoi seguaci, essa doveva di nuovo risorgere come terzo corifeo e membro intermediario, e questa ricomparsa doveva ora riconoscerla ed annunziarla ogni suo amico quando non fosse abbastanza visibile. Che il tempo della risurrezione sia giunto, e che appunto gli avvenimenti che sembravano indirizzati contro la sua vita e che minacciavano di farla tramontare siano divenuti invece i segni favorevoli della sua rigenerazione, questo non può essere dubbio a chi possegga senso storico. La vera anarchia è l’elemento generativo della religione. Dalla distruzione di tutto il positivismo essa eleva il suo capo glorioso come una nuova fondatrice di mondi. Con quanta facilità riesce l’uomo ad elevarsi da se stesso al Cielo quando nulla più lo lega; gli organi superiori si liberano; lo spirito di Dio vola sull’acqua ed una divina isola si mostra per la prima volta come la dimora del nuovo uomo, come il letto fluviale della vita eterna sotto le onde che si ritirano.

Novalis

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