[Il presente testo appare come un mio inedito che si presenta come una continuazione di due piccole opere pubblicate nel testo Jean Thiriart il cavaliere eurasiatico e la Giovane Europa (AGA, 2021) e Quale Russia? (Diana, 2024). Il testo è inedito, quindi; chi volesse farne uso mi contatti via scarabeodilupia@gmail.com. La stesura di tale opera è del 2023-24. (N.d.A.).] La prima parte dell’articolo è pubblicata qui; la seconda, qui].
Per una conclusione: la fine dell’Europa e della Russia?
Alcuni punti devono essere trattati obbligatoriamente nella nostra conclusione: innanzitutto il motivo dell’“Operazione militare speciale” iniziata da parte russa il 24 febbraio 2022 ai danni della Repubblica Ucraina. Essa innanzitutto nasce come legittima operazione per difendere i propri confini da un’ingerenza pressante della super-potenza statunitense, e questo è fuor di dubbio, a meno che non si voglia rimanere ciechi di fronte alla progressiva americanizzazione – intesa come ulteriore espansione della NATO – in Europa dopo la caduta del Muro di Berlino del 1989. Possiamo affermare che la NATO avrebbe potuto aver un senso, così come i movimenti anticomunisti e filoccidentali, nel “mondo bipolare” ove si poteva parlare, anche con senso di causa, di una “minaccia comunista” incarnata nella controparte sovietica alla NATO – il Patto di Varsavia. Attualmente, nel 2023, non abbiamo un mondo bipolare ma unipolare che si sta muovendo verso il multipolarismo. Gli Stati Uniti stanno perdendo legittimità nel mondo, tranne in Europa, e nuovi rapporti di civiltà si stanno creando, ma permangono dei problemi. Primo tra questi è innanzitutto la teoria dei “grandi spazi” da cui abbiamo iniziato la nostra trattazione, di cui Carl Schmitt fu fautore e che secondo teorici come Karl Haushofer, Jean Thiriart, Aleksandr Dugin ed altri che l’hanno descritta sotto molteplici profili è tutto fuorché ineluttabile come si pensava: da una parte si assisterà probabilmente alla formazione di blocchi, come ad esempio un possibile riavvicinamento fra Russia e i territori asiatici dell’ex-URSS, ma si continuerà ad assistere anche alla frammentazione, come continua ad avvenire nei Balcani – si veda il caso bosniaco – o in alcune zone dell’Africa, come il problema del separatismo del Sudan del Sud. Da una parte si avrà non tanto un patriottismo legittimo ed un’identità integrata al grande spazio, come si voleva realmente, ma una frammentazione e a partire da questa si svilupperanno – come si stanno già sviluppando e si sono sviluppati – piccoli sciovinismi nazionali sotto tutela di grandi potenze, ad esempio il caso polacco e taiwanese sotto tutela statunitense. L’Europa sembra ancorata ad un solo grande spazio – al Lebensraum statunitense –, essa è tutto fuorché interessata ad una reale indipendenza che sia politica, strategica, sociale, geografica o addirittura economica. Essa deve affrontare oltre che una crisi su molti degli aspetti citati, anche quella valoriale e identitaria, ma essa non ne sembra interessata. Con la crisi demografica in corso e con l’immigrazione irregolare verso l’Europa e con l’esclusivo interesse da parte delle élites europee verso i famosi “diritti umani”, oramai esclusivi delle così dette “minoranze sessuali” e delle etnie extraeuropee provenienti dall’immigrazione irregolare, c’è da aspettarsi un decadimento fino allo sfacelo totale del nostro Continente e non solamente di Civiltà (Kultur come la intese Oswald Spengler) ma anche della nostra Civilizzazione (Zivilization).
Ritornando all’Ucraina: qual è il suo futuro? Esso pare incerto così come quello della Russia e ad esso è necessario dedicare una riflessione: “l’Operazione speciale“ sembra esser diventata una guerra di logoramento dove lo Stato maggiore russo e lo stesso Vladimir Putin più che “governanti autoritari e guerrafondai” sembrano mancare del così detto “decisionismo schmittiano” che aveva condizionato i governanti novecenteschi, sia degli stati autoritari che no. La Russia pare refrattaria ad ogni decisione militare su larga scala in Ucraina per paura di turbare gli animi dei mass-media, nonché sembra che all’interno dello stesso contesto russo Putin stia perdendo alcuni consensi non tanto perché “autoritario ed anti-democratico” ma perché poco decisionista. Per quanto riguarda l’Ucraina si possono azzardare due ipotesi. In caso di vittoria dell’Ucraina in guerra o di una resa a suo favore si avrebbe la sua entrata nell’Unione Europea e nell’Alleanza Atlantica e la riduzione dello Stato ucraino ad un’appendice dell’americanizzazione dell’Europa; in sintesi l’Ucraina starebbe combattendo per la sua morte. I nazionalisti, anarchici ucraini ed altri gruppi nazionalrivoluzionari che si propongono un’ equidistanza fra Russia e Stati Uniti pensando di esser ancora ai tempi della Guerra Fredda non guadagneranno nessuna indipendenza; ciò che otterranno sarà solamente la fine della loro civilizzazione: essi abbattono le statue di Lenin sostituendole con il nulla o con qualche monumento nazionalistico, ma nel giro di pochi anni anche il loro nazionalismo sarà trattato come uno strumento troppo ingombrante del passato e sostituito con la bandiera statunitense, dell’Unione Europea e le Chiese Ortodosse e la tradizione ucraina sostituita con supermercati, McDonalds e Gay Pride. Un’altra ipotesi potrebbe essere la suddivisione dello Stato ucraino fra una parte indipendente ed una parte recuperata dalla Russia; in questo processo decisionale potrebbero rientrare anche la Polonia e l’Ungheria, interessate a certe aree dello Stato ucraino per nazionalismo storico – ma per questo si dovrà vedere se i loro alleati statunitensi e dell’Unione Europea lo permetteranno.
Prima di concludere il nostro saggio con il futuro delle relazioni europee e russe e il futuro dello Stato Russo si dovrà rammentare quello che è stato accennato all’inizio: il rapporto escatologico ed esoterico nel mondo russo ed occidentale. Partiamo dal rapporto escatologico ed esoterico della politica russa: una cosa per cui si critica la Russia nell’Operazione Militare Speciale in Ucraina ed anche nel suo approccio ai mass-media è l’immagine che dà di sé come stato non corrotto da influssi occidentali; ciò viene criticato dagli occidentali – la cui immagine depravata e corrotta è propagandata anche dai media ufficiali – come poco veritiero. In merito possiamo rispondere con una frase di Aleksandr Dugin, il quale afferma che “[Noi, la Russia] ci troviamo alla periferia di Diabolopoli [l’Occidente], non costituiamo un’alternativa rispetto ad essa, ma una delle sue remote province preservando, per inerzia, alcuni legami con la società tradizionale, non per nostra volontà, determinazione o scelta, ma perché le tendenze e le direttive del ‘centro’ giungono a noi con difficoltà e a stento. La Russia non è l’anti-Occidente, ma il non-ancora-Occidente.[1]”. È rappresentativo in tal caso che in Russia – come in Occidente – esista l’utero in affitto, che vi siano molti ragazzi vittime delle droghe nonché influssi degradanti provenienti dall’Occidente e poi assimilati presenti nella vita comune dei russi. Dugin in tal caso propone un ritorno allo schierarsi sotto la bandiera della Tradizione e di far tesoro di essere il “non-ancora-Occidente70”. A tal proposito, prima di dare una risposta alla questione del discorso escatologico ed esoterico russo, possiamo dire che, nonostante la decadenza presente anche nel contesto russo, essa non viene promossa dai mass-media ufficiali come in Occidente (Unione Europea inclusa) e questa è già una grossa differenza rispetto all’andazzo statunitense ed europeo, anche se comunque non risolve il problema ma cerca di risanare il sanabile con la propaganda. Che dire invece del fattore escatologico? Si potrebbe paragonare l’Ortodossia russa, anche nelle sue forme escatologiche, e certi discorsi dello Stato russo a certe tendenze quasi “puritane” e di matrice millenarista occidentale specialmente nordamericane? A parere di chi scrive no, però sono necessarie delle specifiche. Come scritto dal valente politologo e storico Giorgio Galli, anche nel mondo post-illuminista e soprattutto nel secolo breve, nonché nella nostra attuale postmodernità, assistiamo ad un ritorno nel mito e della cultura esoterica a fianco al mondo del politico e della sua cultura nonché, si può aggiungere, al mondo “economico” nel senso schmittiano. Cercare una spiegazione oltre il materialismo è parte dell’umano in quanto tale – anche del materialista. Nella modernità politica i totalitarismi come quello nazionalsocialista e sovietico erano intrisi di esoterismo ripreso dalla tradizione romantica tedesca nel primo caso e da quella russa nel secondo; il mito della Terza Roma si mutò in quello della Terza Internazionale e il numero Sacro Tre – presente nelle tradizioni – veniva secolarizzato a favore del “mito politico”. Prima del totalitarismo lo stesso intrecciarsi fra esoterico e profano nel mondo politico avvenne con l’introduzione del mito del progresso ed anche dello stesso Illuminismo – si pensi ad esempio al positivismo ed all’eugenetica che divennero popolari fino alla metà del XX secolo; essi rappresentano una tendenza oltre che materialistico-scientifica soprattutto esoterica e escatologico-apocalittica: il progresso, concepito come un mondo di sani e forti etc., è complementare alla stessa narrazione del nostro secolo relativa all’inquinamento ed al surriscaldamento globale: essa parte da un problema, anche reale, che viene forzato e mitizzato in base al mito apocalittico del passato, diventando una sorta di fanatismo; così agiscono sia certe tendenze delle religioni abramitiche sia del millenarismo statunitense (i movimenti religiosi come la Nation of Islam, i Testimoni di Geova, Scientology sono alcuni esempi, nonché gli stessi movimenti puritani di stampo evangelico e protestante). Altro fatto che vale la pena sottolineare è l’importanza politica della creazione di un mito; il mito fu esplicitamente descritto da due pensatori, Georges Sorel[2] – teorico del sindacalismo rivoluzionario – e il teorico nazionalsocialista Alfred Rosenberg nel suo Il Mito del XX secolo[3].Tutt’ora ogni realtà politica, ma anche semplicemente economica, cerca di darsi un mito; l’Unione Europea e gli Stati Uniti costruiscono il “mito dei diritti” non solo umani ma di “tutti”: spesso si parla addirittura dei diritti di piante, animali, robot (!). Insomma, ogni aspetto dell’uomo, anche il più materialista e decadente, come quello post-moderno è in qualche modo intrecciato con il pensiero escatologico, esoterico ed apocalittico[4].
Cosa dire dei miti fondativi della retorica russa? Come la retorica dei paesi occidentali – legata ai diritti – essa si lega al contesto patriottico e specificatamente russo; da una parte, per una persona colta, il vedere definire l’operazione in Ucraina da parte dello Stato russo come “operazione di denazificazione” appare abbastanza assurdo; piuttosto sarebbe stato meglio descriverla – anche per i suoi stessi governanti ed artefici militari – come un’ “operazione di denazionalizzazione”, ma ciò non avrebbe avuto lo stesso impatto: i russi ricordano ancora gli oltre venti milioni di morti dati dalla guerra contro il nazionalsocialismo e vedere certi fenomeni nazionalistici ucraini legati all’invasione tedesca fa nascere in loro – e quindi anche nella retorica statale – una tensione di questo tipo. Si tratta per caso di un mito antifascista? Solamente in parte; esso è lontano dal delirio delle società europee attuali, però è un mito che ha un fondamento molto più solido ed è legato ad una memoria collettiva che fu scossa brutalmente dal ricordo del passato di fronte all’attualità ucraina; ma si può dire, come accennato sopra, che sarebbe più necessario parlare di “lotta al nazionalismo” o semplicemente di “lotta all’egemonia americana”, anche se ciò non avrebbe lo stesso peso nella memoria consolidatasi nella maggior parte dei russi. Da una parte questo mito, come tanti altri, è storicamente e politicamente inadeguato e spesso riduce la memoria e la storia ad esercizio di retorica, come nei paesi occidentali ove la retorica della democrazia è appunto esercizio della parola come fra i sofisti dell’antica Ellade. Si può sperare che si arrivi ad una razionalizzazione, da parte dell’umanità nel suo complesso, degli eventi dati dai totalitarismi, ma ciò non sembra possibile; anche se la Russia – nonostante certa censura grottesca come quella contro “il materiale e i movimenti estremisti” citata sopra – sembra essere meno vincolata ai moralismi tipici dell’Occidente. È sbagliato vedere, come dicono alcuni, un riproporsi delle categorie novecentesche nonostante la retorica: il nazionalsocialismo come il fascismo così come il comunismo sono in Occidente solo degli spauracchi utilizzati da una potente propaganda; ci vorrà molto tempo affinché ciò venga ignorato, ma non si può nemmeno rimanere imprigionati su fenomeni contingenti che non hanno nulla a che fare con l’eterno – a meno che non si voglia ridurli a dogmi – come quello dei totalitarismi. La Russia, quindi, fa di essa la bandiera escatologica ed apocalittica del “non-essere-ancora Occidente” ma, inconsciamente, essa si sta occidentalizzando, e sulla base di una retorica patriottica basata sugli avvenimenti del Secolo scorso. Un esempio ancora più esoterico è dato dal simbolo Z utilizzato durante l’Operazione Speciale; esso sembra indicare il numero tre, numero sacro, oppure l’iniziale del nome del nemico: il Capo ucraino Zelensky. Sicuramente è un’immagine simbolica potente che ha attratto l’attenzione sia dei russi che dei nemici della Russia[5]. Per finire: qual è rischio maggiore della retorica russa così come di quella occidentale? La riduzione a mera retorica del “mito politico” – prima o dopo si dovrà andare oltre alla retorica della Grande Guerra Patriottica, del marxismo, del nazionalsocialismo: è necessaria la creazione di miti nuovi ma ancorati non tanto al contingente quanto a ciò che eterno – cosa che certamente verrà con il passare del tempo, ma solamente il divenire storico ci darà la risposta se la Russia o l’Occidente a guida statunitense sapranno affrontare le sfide insite dell’Età Oscura. A livello religioso il ruolo russo nell’Ortodossia, nonché quello di altre nazioni nelle altre fedi tradizionali come l’Islam e il Buddhismo è risaputo; queste tradizioni in qualche modo competono con il profano del mondo politico nel discorso apocalittico-esoterico; ma la differenza con il mondo occidentale contemporaneo, soprattutto con le tendenze dello stesso tipo negli Stati Uniti, è nella loro natura esoterica: esse sono Tradizioni nel puro senso del termine – così intese da Renè Guénon e Julius Evola e da tutti gli autori della “Letteratura della Crisi” – a differenza del millenarismo statunitense che ha origine nel protestantesimo che ha contribuito, insieme ad altre tendenze, alla nascita dello spirito capitalistico come ricorda Max Weber[6].
La Russia quindi, almeno sul piano ideale, rimane ancorata ad alcune tradizioni presenti nel contesto eurasiatico, ma appare debole e refrattaria insita nelle sue contraddizioni e questo è un problema nel far fronte alle sfide della Storia. Perdersi nei miti, soprattutto politici, significa perdere di vista la realtà: i Governanti della Russia hanno dato prova di essere refrattari sia durante lo svolgimento della Guerra che prima; essi hanno l’animo diviso, a livello gnostico, in un bipolarismo come quello del Busto di Giano: fra Occidentalizzazione e il mantenimento della propria identità. La Russia, quindi, pecca di mancanza di decisionismo e il suo destino appare incerto di fronte allo svolgimento della storia. La forza della Russia dovrebbe consistere nel riuscire a darsi un’identità, cercando di scindere il passato dal presente e cercando di puntare non tanto sul materialismo – cioè nel tentare di essere alla pari a livello di prodotti di consumo e di vita dell’Occidente come fatto ai tempi dell’URSS– ma di fare il “gioco cinese”: utilizzare il capitalismo per competere con gli Stati Uniti utilizzando la “via della mano del mercato invisibile” e nel contempo di fortificarsi spiritualmente.
Il destino per l’Europa e la Russia? Abbiamo in questo saggio citato più volte il termine Occidente come dispositivo unificante l’Unione Europa e gli Stati Uniti, nonché abbiamo ribadito più volte che il destino dell’Europa e degli europei sembra quello di essere, per ancora molto tempo, un’appendice del Lebensraum statunitense. Per evitare spiacevoli incomprensioni è necessario sottolineare che il termine Occidente viene utilizzato in senso puramente geopolitico, intendendo l’attore incarnato negli Stati Uniti e l’attore incarnato nell’Unione Europea, non l’Europa: l’Europa è l’Europa: essa rappresenta la civiltà Europea – anche se oramai in decadenza – ed essa è opposta all’Occidente, che rappresenta un termine geopolitico ma non geografico visto che incarna, oltre che ai due rappresentanti citati, anche i paesi dell’anglosfera del Commonwealth nonché il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan. Esso ha un valore geopolitico e di Weltanschauung – se di essa si può parlare – statunitense, ma non geografico: la continuità geografica dell’Europa è casomai con il blocco eurasiatico e con l’Africa; non con il continente americano.
L’Europa deve ritrovare la sua identità e il suo antico splendore – e su questo tutti i patrioti europei sono d’accordo. La tradizione europea va oltre le dicotomie novecentesche; essa rappresenta l’antico retaggio dei popoli indoeuropei e delle tradizioni politeistiche e monoteistiche che si sono diffuse in Europa.
La Russia invece dovrebbe, come affermato da Dugin nel suo Platonismo politico da noi citato, farsi forte di non essere il “non-ancora-Occidente”, come già detto, ma sembra che il destino sia cupo sia per l’Europa nonché per la Russia. Entrambi gli spazi sono ingabbiati nella prigione dell’occidentalismo e del passato: la Russia con il suo mito apocalittico e politico che la rende impantanata a livello di retorica dei suoi mass-media rimane priva di un vero decisionismo capace di affrontare le sfide della Storia. Quale futuro per la Russia? Se la Russia vincerà la guerra dovrà affrontare il problema della successione di Vladimir Putin; nessuno sa come sarà la Russia post-putiniana; inoltre, la caduta quasi definitiva dell’Europa nel Lebensraum statunitense porterà la Russia ad un avvicinamento non più verso l’Europa ma verso l’Asia, cioè verso la Cina – ciò potrebbe essere positivo per la salvezza della sua élite, nonché per alcuni gruppi politici come i comunisti, ma negativo per noi europei. La mancanza di decisionismo sta facendo sì che in Russia si formino valenti posizioni di socialismo, anche di stampo marxista, che forse potrebbero prendere il potere declinando il tutto in senso nuovo – si spera evitando gli errori del marxismo sovietico – e gli stessi gruppi come quelli di Zjuganov iniziano a vedere positivamente la Guerra e le sanzioni come un modo per liberarsi del capitalismo in Russia; questa sembra l’opinione anche di certi gruppi patriottici ma, in senso non marxista, essi mirano a sviluppare un peculiare socialismo russo.
Un’altra postilla, che è necessario aggiungere, sulla mancanza di decisionismo politico da parte della classe dirigente della Federazione è data dalla così detta “rivolta del Gruppo di milizia / mercenari privati Wagner”. La rivolta iniziata nella mattina del 24 giugno 2023 e finita verso sera dello stesso giorno aveva come motivazione quello di rimuovere, a dire dei mercenari privati, gli elementi antinazionali nel Ministero della Difesa russo considerati al netto di “incapaci” per la riluttanza nonché l’incapacità di prendere decisioni militari durante l’Operazione Speciale. La rivolta s’è conclusa come una “sceneggiata” ed in un nulla di fatto dopo anche il discorso di Vladimir Putin alla nazione, ove il Presidente russo paventava lo spettro della guerra civile;, orbene, la situazione rimane poco chiara e anche lo svolgimento di questi fatti e, per ora, mentre scriviamo, (metà luglio 2023) non vale la pena fantasticare cercando di razionalizzare questo ambiguo fatto: rimane però un’ulteriore elemento di palpabile instabilità dovuta alla mancanza di decisionismo che dimostra tutto fuorché l’immagine della Russia come paese “monolitico” e “totalitario”, ma bensì come democrazia fin troppo poco controllata e spesso in preda fra il “non-ancora-Occidente” descritto da Dugin e l’occidentalizzazione progressiva[7].
La Russia però, come al tempo di Thiriart, è di fronte allo spettro della questione della nazionalità; essa potrebbe vincere la Guerra, ma il suo futuro è quello di una sua possibile balcanizzazione: su ciò sembra essere concorde lo storico russo Anatoli Mikhailovic Ivanov che vede il futuro della Federazione destinato al crollo, come lo furono l’Unione Sovietica e l’Impero Russo, per via della questione della nazionalità[8]. Questo rappresenterebbe una tragedia perché ci sarebbe un’ulteriore colonizzazione dello spirito russo da parte dell’unipolarismo americano, che determinerebbe la sua fine. Un altro scenario, disastroso, sarebbe il processo di Vladimir Putin e dei vertici dello Stato Russo come “criminale di guerra” da parte di una giuria internazionale delle Nazioni Unite ed una divisione della Russia seguendo il modello della fine della Germania nazionalsocialista, inoltre apportando il “lavaggio” del carattere del popolo russo, riducendolo a paria con sensi di colpa dell’Occidente. Si assisterebbe quindi all’ennesimo processo internazionale dato dall’Aia e dalle Nazioni Unite per i “crimini contro l’umanità” con la Reductio ad Hitlerum nonché il perpetrarsi della squalifica morale del vinto; ma colpire la Russia significa colpire una superpotenza e questo avrebbe dei risvolti non solo per l’Europa ma per tutto il mondo. Colpire la Russia con la retorica dei “diritti umani” con un processo del genere, sul modello di quello contro il nazismo e poi contro Slobodan Milošević, Saddam Hussein, parte dei Khmer rossi di Pol Pot etc. sarebbe l’ennesimo tentativo di imporre la logica occidentale al mondo, ma questa volta contro uno stato intercontinentale emerso dopo il secondo conflitto mondiale.
Per finire: l’Europa non riesce a trovare la sua identità, essa non riesce a rapportarsi con l’Altro, cioè la Russia, perché oramai è l’altro: è parte del Lebensraum americano. La Russia appare in bilico fra la sua morte per decadenza e il suo chiudersi rispetto all’esterno, come durante il periodo staliniano, orientandosi solo verso Est, mantenendo però il problema delle nazionalità che rischierebbero di scinderla. L’Ucraina invece sembra destinata, come detto, alla sua cancellazione per via del suo regime – ma nel caso di una vittoria russa si avrebbe una parte d’essa verso Est e un’altra verso Ovest; se la prima sarà compromessa dalla chiusura ad Occidente e dal riemergere della scissione sciovinistica e/o dal suo progressivo soffocamento nell’altra, si assisterà alla cancellazione culturale operata dall’Occidente[9]; non importa se vi saranno statue di Lenin o di Bandera; sicuramente, nello spazio ucraino occidentale, ci saranno il Gay Pride e il McDonald.
Qual è lo spazio di azione, dunque, di noi europei di fronte a tutto ciò? Innanzitutto, nonostante quest’epoca ci sembri, soprattutto a seguito del conflitto russo-ucraino e della precedente pandemia di Covid, come la più oscura di tutte, è necessario non demordere. Anche se sembra ripetitivo, l’analisi della realtà e il darsi una forma spirituale interiore – connettendosi a qualsiasi tradizione esoterica e facendo proprio l’insegnamento dei Maestri della “letteratura della crisi” e non solo – possono aiutarci sia a tramandare la nostra esperienza e la nostra riflessione sul nostro tempo nonché aiutarci a resistere a tutto ciò che potrebbe farci decadere nelle rovine di questa post-modernità. Questo insegnamento vale per ogni patriota europeo – sia egli un convinto anarchico o marxista o un uomo di destra, anche se queste divisioni oramai non valgono più nulla – ed aggiungiamo che questo insegnamento è valido anche per l’uomo russo e slavo che è veramente contro l’Occidente incarnato nell’America.
Concludiamo con due considerazioni; una ricavata da una frase del geopolitico Heinrich Jordis von Lohausen citata dal saggista veneto Silvano Lorenzoni, ebbe a dire che “Die Geschichte ist der Ort des Unerwarteten.” ovvero “La Storia è il luogo dell’inaspettato[10]”. Quindi una speranza c’è sempre, anche nell’ora più buia della notte. Questa speranza è rappresentata dal mito, che ora sembra più che mai lontano, di un riavvicinamento fra l’Europa – la vera Europa – e la Russia. Nella prospettiva di questa si può parlare di Eurasia o di Impero euro-sovietico? Ciò non è importante, ma sembra che il destino sia ineluttabile anche per l’Occidente americano-centrico postmoderno. Lo storico Andrea Graziosi, specializzato nell’Unione Sovietica e vicino ad un certo-filoatlantismo, ebbe a scrivere in uno dei suoi ultimi testi che “il nostro Occidente [quello che si difende in Ucraina] è quello nato dopo il 1945 da un’associazione tra Stati Uniti ed Europa occidentale” e che esso è “molto diverso da quello di cui, un secolo fa, Oswald Spengler lamentava il tramonto[11]”. A tal proposito noi rispondiamo con Spengler – provocatoriamente – “Il tramonto del mondo antico lo abbiamo dinanzi agli occhi, mentre già oggi cominciamo a sentire in noi e intorno a noi i primi sintomi di un fenomeno del tutto simile quanto a decorso e a durata, il quale si manifesterà nei primi secoli del prossimo millennio: il tramonto dell’Occidente[12]”. Sì, noi auspichiamo il Tramonto dell’Occidente, elogiato da Graziosi, e la rinascita dell’Europa, di cui Spengler con il termine “Occidente” descriveva la decadenza, e quindi dell’ascesa di un nuovo sol dell’avvenire dato dal Blocco eurasiatico da Vladivostok a Dublino di cui il Vecchio Continente sarà parte attiva ed integrante.
Note
[1] Aleksandr Dugin, Platonismo politico, Aga, Milano, 2020 cit. p. 78. 70 Ivi. pp. 78-79.
[2] Georges Sorel, Scritti politici, UTET, Torino, 2017.
[3] Alfred Rosenberg, Il Mito del XX secolo, Thule Italia, Roma, 2017.
[4] Cfr. a tale proposito un valente articolo di Stella Marega, Il regno della fine dei tempi: una premessa mitico-simbolica all’analisi delle politiche apocalittiche, in Heliopolis. Culture, Civiltà, Politica, XIV, vol. 2 (2016), cit. pp. 147-161.
[5] Inerente al tema sono le considerazioni riportate a proposito dal Blog “I Giovani Della Caverna”, O V Z – Le lettere della Tradizione Sacra al Tempo della Fine, <https://ift.tt/71Im5n2> (consultato in data 25 maggio 2023).
[6] Cfr. Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Rizzoli, Milano, 1991.
[7] Sulla questione “Gruppo Wagner” siamo ritornati a distanza di un mese dalla nostra trattazione ciò è dovuto al fatto che i due principali Capi del gruppo di mercenari privati – Evgenij Viktorovič Prigožin e Dmitrij Valer’evič Utkin – sono morti in un incidente aereo il 23 agosto 2023. Il fatto, avvenuto dopo l’ammutinamento e il tentativo di “marciare su Mosca” da parte dei militi privati, ha suscitato scalpore nella stampa occidentale che ha ipotizzato un coinvolgimento diretto del Presidente Vladimir V. Putin nella morte dei Capi in questione. Come scritto in precedenza non abbiamo ancora un’idea chiara su tali fatti e per ora rappresentano poco più che cronaca e solo il tempo ci dirà cosa accadrà ai mercenari del Gruppo in questione; ma nel frattempo dobbiamo considerare alcune questioni: se Putin avesse voluto eliminare i comandanti della Wagner avrebbe utilizzato metodi più eterodossi a nostro parere inoltre ciò sarebbe poco convenuto a Putin vista l’influenza data dai mercenari nel continente africano e che in qualche modo porta in alto il nome della Russia nel mondo; d’altro canto si può ipotizzare un ritorno – che era essenziale – al decisionismo ed alla messa di questi militi sotto tutela statale come fatto anche dallo Stato ucraino nei confronti di formazioni paramilitari analoghe ma di natura partitica e politico-ideologica; se così fosse potrebbe essere una cosa a favore del Potere della Federazione ma che darebbe il via ad altri due problemi: la fine di elementi che si sono contraddistinti per audacia e carisma che non siano apparati burocratici legati a Putin ed in qualche modo troppo “liberali” e il problema se i mercenari accetteranno di seguire un’eventuale statalizzazione o si venderanno al migliore offerente.
[8] Intervista di Pavel Tulaev a Anatoli M. Ivanov, Solo lo Stato-nazione russo può essere salvato in Ateney.ru in lingua russa datata il 7 gennaio 2022 <https://ift.tt/FJ4YRWc> (consultato in data 24 maggio 2023). Nelle parole di Ivanov a Tualev tradotte dal russo in italiano: “Pavel Tulaev: Perché affermi così categoricamente che la Federazione Russa è destinata a collassare presto? Anatoli Ivanov: Perché sto dicendo così categoricamente che la Federazione Russa crollerà? […] Non sono contento dell’imminente crollo della Federazione Russa, ma accadrà per lo stesso motivo [dell’Unione Sovietica]: come nell’URSS hanno ingraziato [i governanti dell’Unione] le repubbliche sovietiche, così nella Federazione Russa [i suoi governanti] ingraziano le repubbliche nazionali [della Federazione] a scapito delle regioni russe e finiranno con il fatto che toglieranno “tutta la sovranità che vogliono” [allo Stato russo], come Eltsin ha promesso loro [ciò per via di una politica delle nazionalità errata]”.
[9] Ovviamente in caso l’Ucraina abbia la meglio – almeno nel mantenimento delle sue frontiere – verrà comunque occidentalizzata a forza grazie all’operato euro-atlantico dell’Unione Europea e della NATO.
[10] Heinrich Jordis Von Lohausen, Mut zur Macht, Vowinckel, Berg am See, 1997 citato in traduzione tedesca da Silvano Lorenzoni, La figura mostruosa di Maometto, Libreria Editrice Paolo Dosio, Ferrara, 2016 cit. p. 34.
[11] Cfr. Andrea Graziosi, Occidenti e modernità. Vedere un mondo nuovo, Il Mulino, Bologna, 2023 citato nel paragrafo 1.2. La parabola del nostro Occidente.
[12] Cfr. Oswald Spengler, Il Tramonto dell’Occidente, Guanda, Parma, 1991 cit. p. 174.
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