Uno studio sul simbolismo dell’ascia bipenne (Labrys), la spirale, la clessidra, il toro e il labirinto, e il loro rapporto con il cammino annuale del sole e in particolar modo con i solstizi. di Vanni Saponaro La capacità di interpretare quello che un segno (divenuto simbolo nel tempo o forse concepito per esserlo) comunica, probabilmente l’abbiamo persa. Oggi possiamo quindi solo azzardare ipotesi, che è esattamente quello che si farà in questo breve scritto. Molti simboli vengono associati a generiche culture solari; il toro, la labrys e la spirale sono tra questi, come lo sono anche il labirinto, la ruota, lo swastica, il triscele e tanti atri. Poco si sa circa la loro ontogenesi. La difficoltà odierna di comprendere quello che un simbolo veicolava è probabilmente dovuta a un’interruzione della trasmissione orale del sapere legato alla sfera del sacro, via privilegiata, forse unica, utilizzata in passato per trasmettere questo tipo di conoscenze. La cesura definitiva è avvenuta definitivamente con l’avvento del Cristianesimo ma potrebbe essere avvenuta già nel mondo classico (ricordiamo che Platone era considerato l’ultimo degli iniziati). Per provare a comprendere e distinguere l’origine solare di alcuni simboli è necessario andare indietro nel tempo quando alla cultura matrilineare e matrifocale legata al culto della Dea Madre (Gimbutas, 1989), dominante nel Mediterraneo già in epoche preistoriche, si è sostituita una nuova cultura di stampo patriarcale, dominata dalle armi e dalla guerra, imperniata attorno alla figura maschile. Questa trasformazione culturale ipotizzata dalla Gimbutas viene fatta coincidere con l’arrivo di popoli che a più riprese giunsero dall’Europa centro-orientale e dominarono il Mediterraneo a partire dal terzo millennio a.C. (Dumézil, 2003), ipotesi migratoria confermata successivamente da studi genomici recenti. Queste genti, identificate come proto-indoeuropei, erano popolazioni guerriere probabilmente dotate di un’organizzazione sociale di stampo gerarchico e patriarcale. Il cambiamento di paradigma avvenuto nel Mediterraneo a opera di queste popolazioni euroasiatiche non ha tuttavia cancellato alcuni aspetti culturali e simbolici di stampo solare tipicamente mediterranei, antecedenti l’invasione. Questo potrebbe significare due cose: o che gli indoeuropei abbiano introiettato nella loro cultura il culto solare mediterraneo o che lo possedessero già prima. La seconda ipotesi troverebbe una spiegazione nelle migrazioni neolitiche anatoliche verso nord: gli indoeuropei, avendo avuto comunque origini neolitiche, ne avrebbero conservato nel tempo alcune caratteristiche, denotando quindi una loro appartenenza al sostrato culturale mediterraneo. Il colpo decisivo alla possibile comprensione della cultura pre-indoeuropea mediterranea e del mondo simbolico che proponeva è stato inferto dalla religione cattolica, che ha operato un vero e proprio ribaltamento del pensiero ciclico che ha dominato per millenni. La nuova religione attraverso l’introduzione di un inedito tempo lineare ha prodotto l’occultamento e la trasformazione dei simboli che esprimeva la cultura precedente, legata ai cicli cosmici (Saponaro, 2017). Tra i simboli solari che hanno caratterizzato sia le culture mediterranee pre-indoeuropee che quelle indoeuropee, compresi i popoli da loro derivati come gli Italici, vi sono certamente il toro, la spirale — rinvenuta sia in contesti neolitici che dell’età del Bronzo — e una strana forma a clessidra che a volte sembra una farfalla, e che altre volte è rappresentata su diversi dipinti vascolari e su piccoli idoletti come il corpo di figure umane (figg. 1 e 2). Fig.1 – Brocchetta indigena decorata con figura antropomorfa stilizzata. Ripacandida, San Donato. Museo Massimo Pallottino-Melfi (Pz). Fig. 2 – Ceramica e figura femminile da villaggio neolitico di Passo di Corvo (FG) (da Cocchi Genick, p. 217). Sia il toro che la labrys/clessidra e il labirinto — quest’ultimo viene considerato una variante più recente della spirale — sono simboli preesistenti la cultura indoeuropea che riemergeranno, legati indissolubilmente tra loro, nella cultura micenea che sostituisce quella minoica, la quale a sua volta affonda le radici nella parte conclusiva dell’età del bronzo dell’isola di Creta. Successivamente gli stessi simboli, in particolare la labrys e il labirinto, non più legati tra loro, riemergeranno anche in tutto il bacino mediterraneo all’interno delle principali culture che l’hanno popolato. La Labrys è un’ascia “bipenne” che per i micenei sembra avesse una funzione esclusivamente cultuale/rituale. Il nome di quest’ascia potrebbe fornire l’etimo dell’altro elemento centrale di quella cultura, il labirinto. Secondo questa ipotesi l’etimologia di labirinto significherebbe “palazzo dell’ascia bipenne”. Va segnalato che la bipenne, come simbolo, compare — oltre che nell’arte e nella mitologia cretese — anche nella mitologia africana in relazione al dio Shango della cultura Yoruba, in quella tracia, in quella nuragica, greca, bizantina e in alcune culture riferibili ai popoli italici. I romani l’assoceranno a Giano, che sappiamo essere anche il guardiano delle due porte solstiziali, che come vedremo hanno molto a che fare con la nostra ascia. In alcuni casi la bipenne è anche associata al toro: compare infatti tra le sue corna in un dipinto su un vaso cretese e su un sarcofago (figg. 3 e 4). Fig. 3 – Rappresentazione vascolare di un’ascia bipenne tra le corna di un toro. Creta, Museo di Herakleion. Fig. 4 – Labrys all’interno di corna sacre. Frammento dipinto su un sarcofago minoico, Creta. Per capire da dove potrebbe scaturisce il simbolo dell’ascia bipenne e quindi cosa potrebbe simbolizzare, si provi a immaginare di costruire un rudimentale osservatorio astronomico piantando un palo nel terreno, quello che gli astronomi chiamano uno gnomone, uno dei primi strumenti astronomici utilizzati dall’uomo (fig. 5). Se si osservasse l’ombra proiettata dallo gnomone durante un intero anno solare, si noterebbe che essa interessa un’area che ha la forma di un’ascia bipenne. Da notare che la figura che si forma è racchiusa da due archi contrapposti, o se si vuole da due corna contrapposte. Fig. 5 – Rappresentazione schematica della formazione dell’ascia bipenne attraverso la proiezione dell’ombra di uno gnomone tra i due solstizi. Opera grafica dell’autore. I due archi sono disegnati dall’estremità dell’ombra del palo tra i due solstizi: quello invernale proietterà delle ombre più lunghe e lontane dallo gnomone, e quindi formerà l’arco più lontano, mentre quello estivo produrrà la medesima forma ad arco, ma più vicina e con convessità opposta. Il manico dell’ascia è rappresentato invece dall’ombra che il palo proietta tra l’alba e il tramonto agli equinozi. Naturalmente la figura che ho schematizzato va contestualizzata nella condizione naturale in cui si realizza l’osservazione; infatti l’alba e il tramonto sono quelli apparenti che dipendono dall’orografia del luogo e dalla latitudine. Che la forma dell’ascia bipenne sia legata al sole potrebbe anche essere confermato dalle due spirali contrapposte — anch’esse simboli solari — che si osservano nella Labrys in foto, conservata nel museo di Herakleion (fig. 6). Fig. 6 – Labrys minoica con spirali. Grotta di Arkalochori, Creta, circa 1700-1600 a.C. Museo di Herakleion. Anche il simbolo del toro ha avuto numerosissime implicazioni sia nella cultura preistorica che in quelle proto-storiche fino a quelle storiche, in particolare in quella latina e greca, dove riveste un ruolo di primo piano. La regalità al toro all’interno del labirinto cretese la potrebbe fornire il nome stesso del mostro cretese: Minotauro infatti unisce il nome del famoso re Minos(se) — che, considerati i suoi natali regali, può essere considerato un prefisso di “re” — con il suffisso taurus, cioè “toro”. Da questo si può dedurre che per i Micenei il Minotauro, quindi il dio-toro solare, era considerato una sorta di re imprigionato in un labirinto. Anche riguardo il simbolo del labirinto non è facile operare un resoconto sintetico, considerando la carica simbolica e misteriosa che veicola. La sua distribuzione è pressoché ubiquitaria nel mondo e il suo cammino prosegue anche all’interno della cultura cattolica (figg. 7 e 8). Nella sua forma comunemente conosciuta sembrerebbe comparire nell’immaginario culturale dell’uomo a partire dal II millennio a.C. (Saward, s.d.). Fig. 7 – Labirinto pavimentale cattedrale di Chartres (XII secolo). Fig. 8 – Affresco con Cristo nel Labirinto (XIV sec.), Chiesa di San Francesco, Alatri (FR). Anch’esso viene considerato un simbolo solare ma, come per gli altri, non viene fornita un’adeguata spiegazione a questa affiliazione. Si ipotizza che la sua discendenza derivi dal simbolo della spirale, più antico del labirinto e strettamente legato al sole. Ritengo che, attraverso l’accettazione simbolica solare della spirale proposta (Cossard, 1996), si possa anche confermare il suo carattere solare attraverso l’associazione con il toro e la labrys. Per farlo è necessario immaginare un uomo che, da un punto prestabilito e fisso, osserva il sorgere del sole all’orizzonte. Dopo poche osservazioni fatte dalla medesima posizione, si noterebbe che il sole non sorge sempre nello stesso punto dell’orizzonte, bensì si sposta, poco per volta, verso nord o verso sud, nel suo cammino annuale. Elevandosi nel cielo, inoltre, compie un arco più o meno alto, a seconda della stagione, che termina con il suo inabissarsi sotto l’orizzonte. Probabilmente sono state proprio queste prime osservazioni che, insieme a quelle degli astri, hanno fornito il senso di ciclicità che ha contraddistinto la cultura umana per decine di migliaia di anni. Tali misurazioni “astronomiche” hanno certamente generato degli interrogativi legati al cammino del sole sotto l’orizzonte, circa la prosecuzione del suo percorso nella parte invisibile del mondo. Probabilmente è nata così la concezione di “mondo di sotto”, il mondo degli abissi, del non visibile, con tutte le implicazioni sulla morte, la rinascita e l’ultraterreno che ritroviamo in moltissimi culture e miti. È possibile quindi ipotizzare che le rudimentali spirali concentriche, sia sotto forma di incisioni che di pitture, ritrovate in alcune grotte preistoriche su rocce e pareti e ripari, oltre che in alcune tombe e Domus de Jana sarde, volessero rappresentare proprio il percorso del sole e quindi la ciclicità del tempo. Questi labirinti primordiali non erano perciò “labirintici” in senso stretto, ma lo sono diventati successivamente. La loro forma e il percorso che tracciano, come abbiamo visto, potrebbero rappresentare il cammino che riporta al punto di partenza il Sole. La duplicazione che in alcuni casi si osserva della spirale nel suo doppio potrebbe simboleggiare un’andata e un ritorno, e il tema della nascita e della morte potrebbe quindi essere legato al sole attraverso la sua natura ciclica. L’evoluzione della forma a spirale circolare in quella del labirinto squadrato che conosciamo potrebbe essere avvenuta tra la fine del neolitico e l’avvento delle età dei metalli; le prime testimonianze del labirinto si troverebbero in Galizia (Saward, s.d.) e risalirebbero al II millennio a.C. Una forma labirintica è stata rinvenuta anche nel cosiddetto “Palazzo di Nestore”, tra le rovine di Pilo nel Peloponneso, e sembrerebbe riferirsi proprio alla forma primordiale del palazzo di Cnosso (Cordano, 1980) come la videro i Micenei appena giunti. La tavoletta è datata 1200 a.C. (Aspesi, 2016). A ben vedere questa evoluzione da forma circolare a spigolo vivo è riscontrabile anche nelle forme “architettoniche” ed è banalmente associabile all’avvento dei metalli e dei corrispettivi utensili. Infatti, parallelamente ai templi veri e propri con le loro strutture architettoniche squadrate e fuori terra, anche i luoghi di culto in grotta coevi o di poco precedenti si sono evoluti da forme tipicamente arrotondate e circolari a forme squadrate con angoli e muri retti. Il significato simbolico del labirinto sarebbe analogo a quello della spirale, e non ha perso la caratteristica di prigione (il toro è imprigionato nel labirinto) da cui è impossibile scappare, proprio come lo era il sole nella spirale, costretto a percorrere sempre lo stesso cammino racchiuso all’interno dei limiti solstiziali. Per questo motivo probabilmente è stato scelto il toro come animale simbolo racchiuso nel labirinto cretese: esso è infatti l’animale solare per eccellenza. Il dio toro-solare, comune a molte culture preistoriche, è rimasto tale. Il Minotauro/dio-toro-solare è dunque imprigionato all’interno del labirinto che simboleggia il cammino del sole, a sua volta simboleggiato dalla Labrys, l’ascia rituale che caratterizza fortemente la cultura minoica, attraverso la sua forma labirintica. Ecco, secondo la mia modestissima interpretazione, quale potrebbe essere il legame simbolico che lega indissolubilmente la Labrys, il Toro e il Labirinto all’interno della cultura minoica: si tratta di un “carattere” spiccatamente solare ed è questo il significato che cela il mito del Minotauro. NOTE: [1] Dal momento che le asce bipenne ritrovate negli scavi non sembrano avere affilatura, sono state ritenute dagli archeologi oggetti cerimoniali. [2] Le corna sono un topos delle culture preistoriche neolitiche e dell’età del bronzo e spesso sono associate al sole e alla luna. [3] Stranamente ci viene insegnato che il sole sorge a est e tramonta a ovest. Questa nozione è se non proprio errata almeno molto semplificata. Infatti il sole sorge a est solo agli equinozi. L’alba, la levata ortiva del sole si sposta in un anno solare tra sud-est e nord-est, rispettivamente tra il solstizio d’inverno e quello estivo. Artículo*: Vanni Saponaro Más info en frasco@menadelpsicologia.com / Tfno. & WA 607725547 Centro MENADEL (Frasco Martín) Psicología Clínica y Tradicional en Mijas Pueblo #Psicologia #MenadelPsicologia #Clinica #Tradicional #MijasPueblo *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí compartidos. No todo es lo que parece.
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