

«La falce non fa più pensare al grano/il grano invece fa pensare ai soldi», cantava un Franco Battiato particolarmente ispirato (sedendosi “alla maniera degli antichi egizi”!), dopo aver ipotizzato che forse «l’Età dell’Oro/era appena l’ombra di Wall Street». Prendendo quindi atto del degrado e della svalutazione subiti dal metallo nobile e prezioso per eccellenza, che da “cristallizzazione” della luce solare e rappresentazione “mineralizzata” dello spirito, per l’inversione simbolica subita, è stato ridotto all’attuale indicatore della ricchezza materiale, azzerando ogni precedente riferimento al suo ben più importante valore spirituale.
Quanto detto chiarisce che se oggi si vuole individuare l’origine vera e la ragion d’essere di tante contrapposizioni e di tanti scontri, fino a risalire alla fonte autentica delle diverse scelte di campo e dei diversi schieramenti, prima ancora di guardare alle fuorvianti considerazioni d’ordine ideologico, andrebbe riesumato il perenne e irriducibile contrasto fra l’oro (nella sua accezione decaduta) e il sangue (in quanto elemento costitutivo e base di ogni comunità organica, di ogni stirpe, di ogni razza dello spirito), che già tante volte in passato si sono affrontati.
Il rifiuto istintivo e immediato di certe politiche sovversive moderne (sociali, sanitarie, alimentari, climatiche, pedagogiche, familiari, sessuali e, perfino, militari), tutte avverse a Dio e agli uomo, a ben vedere, dipende molto dalla loro comune matrice dissolutiva e dal blasfemo culto del dio denaro che le regge e promuove; essendo tutte quante riconducibili e funzionali ad un sistema di valori estranei ad una visione sana e retta della vita. Costringendo i ribelli e gli uomini liberi, irriducibili ai falsi valori, a schierarsi dall’altra parte, per un interno sentire caratterizzato da purezza sincerità e rettitudine. Imperativi irrinunciabili per una condotta di vita degna e nobile.
Anche perché, ieri come oggi, ad essere mosso dall’interesse economico e dal guadagno ad ogni costo è sempre lo stesso tipo umano, dedito esclusivamente al proprio tornaconto personale, per assicurarsi il quale è disposto a scatenare massacri e a compiere inaudite violenze contro chiunque mostri di rappresentare una minaccia o un ostacolo ai suoi intrighi e alle sue macchinazioni. I (pochissimi) detentori delle ricchezze mondiali, spesso ottenute con mezzi indegni, non possono permettere che si affermi un modello di vita e un’organizzazione sociale alternativi al loro dominio. Per cui, ogni qualvolta si sentono minacciati nel loro guadagno, vedendo messi a rischio i loro privilegi e i loro vizi (compresi quelli più inconfessabili!), essi ricorrono ad ogni mezzo strumento e strategia pur di difendere bottega e bottino.
L’usurocrazia, che già a suo tempo Ezra Pound smascherò con l’arma della poesia, per demolire le civiltà tradizionali che la limitavano nelle sue speculazioni e gli vietavano gli anomali arricchimenti, non ha badato a spese, gettando nei campi di battaglia ricchezze smisurate e potenza tecnologica, usando i suoi servitori. Mentre invece i popoli sprovvisti dell’oro – o che, perlomeno, non lo usavano per arredarsi i bagni ma per foggiare corone regali da porre sul capo dei sovrani e non per appoggiarvi sopra ben meno nobili parti del corpo! – hanno risposto col coraggio e il sacrificio dei propri combattenti e disinteressati guerrieri, dimostrando che non è sempre la ricchezza ad averla vinta, perché chi ricco non è mette in campo la sola cosa di cui dispone: il proprio sangue, insieme all’amore per la propria comunità, per la propria stirpe, per la propria razza. Risultando, alla fin fine, sempre più forte chi lotta per ciò che ama, rispetto a chi lotta per ciò che brama!
Questo “fronte degli ingordi”, difeso da mercenari assoldati disposti a rischiare solo se “il gioco vale la candela”, e guidato da funzionari politici e governanti corrotti e traditori, privo di compattezza solidità e principi, di fatto, non può sperare in alcuna vittoria duratura e definitiva, ma solo in effimeri successi passeggeri. Com’è il caso dell’Unione Europea, stagnante e malsana palude burocratica, costruzione fittizia e artificiale imposta dall’alto ai popoli europei. Caso più unico che raro di un’istituzione squalificata quanto i suoi rappresentanti; la corruzione e le ruberie dei quali sono perfettamente in linea con la “ragione sociale” della stessa: vendere e vendersi al migliore offerente!
Questa regola e questa distinzione fu già alla base dello scontro della Seconda Guerra mondiale che vide combattere militanti del sangue e detentori dell’oro; anche se l’esito finale, allora, per la disparità di mezzi e per il tradimento dei nemici interni, non favorì le forze che avevano lanciato quella coraggiosa sfida. Ma essa venne riproposta e confermata nei conflitti del dopoguerra, alcuni dei quali durano tuttora, a dimostrazione che non è sempre l’oro a trionfare, visto che americani inglesi e francesi sono stati tante volte costretti a ignominiose ritirate e fughe, di fronte a popolazioni povere ma agguerrite, male armate ma fortemente motivate dal punto di vista etnico e religioso, insorte per difendere patrie e comunità d’appartenenza.
E la marmaglia che fino a ieri si definiva (vantandosi!) comunista, salvo poi cambiare “insegna” all’occorrenza, composta da vili assassini, ha contribuito in maniera decisiva al martirio di quegli stessi popoli che fingeva, strumentalmente, di voler difendere dal capitalismo: vedi i gulag sovietici, la Cambogia di Pol Pot, la rivoluzione culturale cinese e compagnia bella. Esseri spregevoli, sempre moderni e al passo coi tempi, che non hanno mai cessato di fornire il loro entusiastico contributo al trionfo del potere dell’oro e al culto del dio denaro. Aspirando, spinti dall’invidia, solo ad accedere al medesimo “paradiso borghese”, combattuto a parole.
E non è un caso se proprio Benito Mussolini, uno dei loro peggiori nemici perché li conosceva bene, in un discorso rivolto agli studenti orientali, appoggiando coerentemente il Fascismo le lotte anticoloniali di arabi indiani e giapponesi, ebbe modo di dichiarare che «Nei mali di cui si lagna l’Asia, nei suoi risentimenti e nelle sue reazioni noi vediamo riflesso il nostro stesso volto»; rifiutando di identificare l’Occidente cui guardava l’Italia di allora con la civiltà a base di capitalismo, liberalismo, socialismo e scientismo, edificata dagli anglosassoni, primi servitori dell’oro.
Risulta quindi del tutto naturale che proprio la “pregiudiziale antifascista”, che si esprime ancora oggi in censure violenze e attacchi indiscriminati, rappresenti un handicap insuperabile per quelli che, non riuscendo a trarre, per evidenti limiti intellettuali, le logiche conclusioni dal loro preteso rifiuto delle anomalie della politica attuale (a cominciare dal dramma palestinese), finiscono per accusare di fascismo tutti coloro contro cui il fascismo si batté strenuamente e versò il suo sangue migliore, sconfitto solo dalla potenza degli armamenti messi in campo dai “compari” capitalisti e comunisti, sempre solidali ed alleati nella comune lotta per garantirsi il potere e per il trionfo della barbarie, nella “povera patria” europea e nel mondo intero.
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