Psicología

Centro MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Tradicional

Psicoterapia Clínica cognitivo-conductual (una revisión vital, herramientas para el cambio y ayuda en la toma de consciencia de los mecanismos de nuestro ego) y Tradicional (una aproximación a la Espiritualidad desde una concepción de la psicología que contempla al ser humano en su visión ternaria Tradicional: cuerpo, alma y Espíritu).

“La psicología tradicional y sagrada da por establecido que la vida es un medio hacia un fin más allá de sí misma, no que haya de ser vivida a toda costa. La psicología tradicional no se basa en la observación; es una ciencia de la experiencia subjetiva. Su verdad no es del tipo susceptible de demostración estadística; es una verdad que solo puede ser verificada por el contemplativo experto. En otras palabras, su verdad solo puede ser verificada por aquellos que adoptan el procedimiento prescrito por sus proponedores, y que se llama una ‘Vía’.” (Ananda K Coomaraswamy)

La Psicoterapia es un proceso de superación que, a través de la observación, análisis, control y transformación del pensamiento y modificación de hábitos de conducta te ayudará a vencer:

Depresión / Melancolía
Neurosis - Estrés
Ansiedad / Angustia
Miedos / Fobias
Adicciones / Dependencias (Drogas, Juego, Sexo...)
Obsesiones Problemas Familiares y de Pareja e Hijos
Trastornos de Personalidad...

La Psicología no trata únicamente patologías. ¿Qué sentido tiene mi vida?: el Autoconocimiento, el desarrollo interior es una necesidad de interés creciente en una sociedad de prisas, consumo compulsivo, incertidumbre, soledad y vacío. Conocerte a Ti mismo como clave para encontrar la verdadera felicidad.

Estudio de las estructuras subyacentes de Personalidad
Técnicas de Relajación
Visualización Creativa
Concentración
Cambio de Hábitos
Desbloqueo Emocional
Exploración de la Consciencia

Desde la Psicología Cognitivo-Conductual hasta la Psicología Tradicional, adaptándonos a la naturaleza, necesidades y condiciones de nuestros pacientes desde 1992.

viernes, 17 de enero de 2025

East and (Far)West


East and (Far)West

Oggi, a proposito degli Stati e Governi a cui guardare (o da cui guardarsi!), una volta che si è data per scontata la decadenza a cui è soggetta ognuna delle diverse regioni del Mondo, da tempo rette da governi antitradizionali, e le cui popolazioni sono contagiate dal medesimo spirito moderno occidentale, risulta ancora valida la vecchia distinzione – apparentemente geografica, ma in realtà molto più profonda e significativa – fra Oriente e Occidente, utile a misurare il grado di dissoluzione e il livello di discesa verso la barbarie raggiunto nelle varie zone della Terra.

Nei conflitti e negli scontri, non solo militari, attualmente in corso è infatti possibile individuare, dietro la superficiale facciata geopolitica, un substrato razziale e religioso di fondo che testimonia la sopravvivenza marginale di un residuo tradizionale, che induce a preferire – se non altro, per ragioni opportunistiche – gli Attori orientali (Russia, Cina, Iran), piuttosto che quelli occidentali (Angloamericani e sudditi Europei, Israele compreso), e questo sia dal punto di vista della contingenza politica, sia del grado di civiltà ancora presente. Basti pensare alla Chiesa Ortodossa, al Confucianesimo epidermico del popolo cinese e all’Islam Sciita, per limitarci ai tre “nemici” indicati, insieme all’unità etnica e razziale di quei popoli; i quali forniscono sicuramente maggiori garanzie sulla presenza di un carattere e sulle capacità di resistere e combattere, di quanto non possano fare le nostre disfatte e multietniche società Occidentali (sterili ed evirate), meno stabili e maggiormente esposte all’assorbimento ed al dominio da parte di genti più centrate e uniformi, nel corpo e nella psiche.

Paradossalmente, l’Occidente che combatte oramai da tempo continue guerre, lo fa senza la presenza di nemmeno l’ombra dell’elemento guerriero (e quindi aristocratico) fra le sue fila, continuando a compiere i massacri indicibili che tutti conosciamo, come se si trattasse di un lavoro di routine e d’ufficio, senza coraggio e senza onore.

Questo è, attualmente, il quadro generale che si presenta a coloro che conservano un minimo senso critico e che si rifiutano di riconoscere una legittimità alla direzione presa dalla nostra Civiltà, che per la sua esasperata meccanicità e per lo strapotere della tecnica sarebbe meglio definire, seguendo Spengler, “Civilizzazione”; la quale mostra sempre più, non solo di non mantenere quanto prometteva in origine, ma di essere giunta alla fine della sua corsa e all’esaurimento del suo dominio.

Fra gli elementi sani che si schierano contro tale deriva si ipotizza talvolta la costituzione di un movimento di resistenza (di cui più avanti indicheremo i limiti), che sia al contempo aggregazione di uomini e concentrato di forze da contrapporre a un mondo che, per sensibilità interna ed istintiva insofferenza, viene percepito come estraneo ed ostile. Non è però detto che tutti gli sforzi fatti in questa direzione siano necessariamente inutili e sprecati, né, tanto meno, che essi rappresentino solo l’ingenuo frutto di giovanili entusiasmi; perché un tale “dibattito” può, a suo modo, risultare comunque utile, svolgendo, se non altro, un ruolo positivo in fatto di crescita e maturazione della consapevolezza riguardo all’impegno da assumere, rendendosi pienamente conto di quelle che sono le forze in campo e degli interventi eventualmente possibili.

E siccome non si può stare con le mani in mano – segno d’impotenza e di resa – continuando a cavillare nell’attesa di un gratuito e spontaneo soccorso da parte di Popoli e Stati che giustamente pensano in primo luogo a se stessi e ai loro interessi vitali; bisogna che le forze che potremmo definire, in senso lato, del Fronte della Tradizione continuino a operare per conto proprio e in piena autonomia: facendo ognuno la propria parte e procedendo nella giusta direzione. Cercando in primo luogo di evitare di cedere al facile vizio del proselitismo e della volgare propaganda, sempre in agguato quando si agisce verso l’esterno, in cerca di adesioni; vizio che rappresenta al massimo grado l’anima commerciale e utilitaristica dell’odierno Occidente, definendone tutte le relazioni e le comunicazione – dall’alto verso il basso – fra governanti e sudditi; che poi è l’unico rapporto istituzionale che è possibile ritrovare in un mondo composto da tiranni e schiavi. Anche perché il proselitismo rappresenta un inquinamento dell’anima, una macchia indelebile per colui che se ne fa promotore, e un’offesa insanabile per l’intelligenza la libertà e l’autonomia di chi ne è vittima.

Come accade normalmente (dai venditori di aspirapolvere e pentole, ai promotori di pseudo religioni e nuovi culti, fino ai molestatori climatici di “ultima generazione”) presso coloro che apparentemente reggono i destini del Mondo, cioè gli Stati Uniti d’America, il cui sistema sociale si fonda proprio sulla propaganda e sulla pubblicità, entrambi adatti a sedurre e assecondare l’infantilismo e l’immaturità dei loro cittadini; abitanti di una nazione, è bene ricordarlo, che si è appena affacciato sulla scena mondiale, e le cui vicende storiche sono contenute in qualche striminzito capitolo dell’ultimo volume dei manuali scolastici. Quei cittadini statunitensi che ignorano del tutto, non interessandogli nemmeno, quanto è scritto nei precedenti volumi di storia. È quindi comprensibile come la stoltezza e l’arroganza nordamericane possano essere equiparate a quelle di giovincelli nati ieri, che pretendono di spiegare come va il mondo e la vita a chi è più vecchio e più saggio di loro, solo perché sono in grado di scaricare e installare una nuova applicazione sullo smartphone.

Ci sarebbe solo da ridere per queste insulse banalità, se ad esse non si accompagnassero la barbara e incivile propensione alla violenza gratuita e l’attitudine criminale e mafiosa con cui gli USA affrontano le relazioni internazionali: ricorrendo alla forza bruta, alla tecnologia distruttiva e alle illimitate disponibilità economiche di cui godono. Con l’aggravante della nefasta tendenza ad immischiarsi nei fatti altrui; di quei popoli, cioè, che farebbero volentieri a meno della loro attenzione. I quali preferirebbero continuare a seguire il proprio stile di vita e rimanere fedeli alle proprie tradizioni, senza doversi misurare con le prepotenze di un simile bullo.

Per non farsi coinvolgere o restare vittime di questo scontro impari e mortale, seguendo i principi che ispirano l’impegno e motivano le scelte ideali ed esistenziali di chi si schiera contro l’anomalia moderna, non ci si può, allora, servire del citato “movimento”, in quanto strumento esclusivamente politico, che – come indica la sua stessa denominazione – si basa sul cambiamento, sull’instabilità, sulle novità legate alla cronaca del momento e sull’esasperata ricerca dell’originalità e del consenso ad ogni costo: tutti frutti dell’individualismo intellettuale che contraddistingue e caratterizza la modernità; aprendo in tal modo le porte all’anarchia, e assecondando la scomparsa di ogni autentica Autorità e di qualunque tipo di Governo in grado di assicurare le normali e necessarie condizioni di vita, all’interno di comunità sane ed equilibrate. Fondando in questo modo, di fatto, il proprio impegno più sulla molteplicità dell’attivismo e sull’oscuramento spirituale, piuttosto che sull’Unità della Conoscenza e sul radicamento nell’Essere.

Semmai, nella fase ciclica attuale, sarebbe più efficace pensare alla costituzione di un vero e proprio Ordine (e anche qui la denominazione è già un programma!); certo aggiornato e adattato ai tempi, ma pur sempre strutturato in senso gerarchico e dal preciso orientamento verso l’alto; simile per molti versi a quelli che costituirono la spina dorsale e diedero la linfa vitale alla migliore tradizione europea del Medioevo, sotto forma di ordini cavallereschi e ordini monastici; al cui interno dovrebbero tornare a contare più le vocazioni e le qualificazioni personali, piuttosto che i momentanei e superficiali entusiasmi, dettati dal sentimento e dalle fuggevoli suggestioni, che proprio l’impegno politico presuppone. Puntando, quindi, ad una rigida selezione qualitativa dei suoi aderenti, in totale controtendenza con le deleterie istanze inclusive e democratiche, dove conta più il numero, la massa e la quantità, anziché la qualità e la persona, in tutta la sua pienezza di corpo, anima e spirito.

Così, anche l’aggiungere un solo tassello alla costruzione di un tale “baluardo” sarebbe già un segno tangibile di dedizione al Principio, e un concreto contributo alla causa tradizionale: nell’assoluta impersonalità e nel totale disinteresse per il proprio, trascurabile, intervento. Trattandosi, fra l’altro, di un impegno che può essere assunto già da subito, senza dover aspettare che si creino tutte le condizioni adatte al compimento dell’Opera: a cominciare dal collegamento effettivo con l’ordine trascendente e immutabile, che solo un provvidenziale ausilio superiore potrà garantire, quando sarà giunto il momento.

A tal fine, non sarà certo la lettura di qualche libro a propiziare le necessarie aperture interiori; rappresentando la lettura solo un supporto per la meditazione, oltre che un aiuto per le chiarificazioni dottrinarie. Qui si tratta, invece, dell’intervento e del pieno svolgimento del loro ruolo da parte delle disposizioni e delle attitudini innate di ognuno, che nessuna lettura potrà mai assicurare o garantire; le quali, una volta messe in collegamento con una Via regolare, portano direttamente a beneficiare dell’influenza spirituale necessaria al compito prefissato. Perché, come ci ricorda René Guénon in “Oriente e Occidente”, «tutto ciò che viene fatto in uno spirito veramente tradizionale ha la propria ragion d’essere e anzi sempre una ragione profonda; […]  bisogna già esser penetrati nel dominio dei principi, almeno di quel tanto che permette di ricevere quella direzione interiore da cui non si potrà mai più deviare».

Raggiunte tali terre ferme e abbandonata definitivamente la molteplicità e le sue leggi, per stabilirsi nell’Unità, non si è più soggetti agli effetti dell’illusorio gioco d’ombre di questo Occidente decaduto, e non si potrà più essere sviati e deviati dalla Retta Via, assumendo consapevolmente, chi quella Via si trova a percorrere, il peso delle proprie piene responsabilità e le conseguenze di tutte le proprie azioni.

 

 

 

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