Psicología

Centro MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Tradicional

Psicoterapia Clínica cognitivo-conductual (una revisión vital, herramientas para el cambio y ayuda en la toma de consciencia de los mecanismos de nuestro ego) y Tradicional (una aproximación a la Espiritualidad desde una concepción de la psicología que contempla al ser humano en su visión ternaria Tradicional: cuerpo, alma y Espíritu).

“La psicología tradicional y sagrada da por establecido que la vida es un medio hacia un fin más allá de sí misma, no que haya de ser vivida a toda costa. La psicología tradicional no se basa en la observación; es una ciencia de la experiencia subjetiva. Su verdad no es del tipo susceptible de demostración estadística; es una verdad que solo puede ser verificada por el contemplativo experto. En otras palabras, su verdad solo puede ser verificada por aquellos que adoptan el procedimiento prescrito por sus proponedores, y que se llama una ‘Vía’.” (Ananda K Coomaraswamy)

La Psicoterapia es un proceso de superación que, a través de la observación, análisis, control y transformación del pensamiento y modificación de hábitos de conducta te ayudará a vencer:

Depresión / Melancolía
Neurosis - Estrés
Ansiedad / Angustia
Miedos / Fobias
Adicciones / Dependencias (Drogas, Juego, Sexo...)
Obsesiones Problemas Familiares y de Pareja e Hijos
Trastornos de Personalidad...

La Psicología no trata únicamente patologías. ¿Qué sentido tiene mi vida?: el Autoconocimiento, el desarrollo interior es una necesidad de interés creciente en una sociedad de prisas, consumo compulsivo, incertidumbre, soledad y vacío. Conocerte a Ti mismo como clave para encontrar la verdadera felicidad.

Estudio de las estructuras subyacentes de Personalidad
Técnicas de Relajación
Visualización Creativa
Concentración
Cambio de Hábitos
Desbloqueo Emocional
Exploración de la Consciencia

Desde la Psicología Cognitivo-Conductual hasta la Psicología Tradicional, adaptándonos a la naturaleza, necesidades y condiciones de nuestros pacientes desde 1992.

lunes, 31 de octubre de 2016

Qu'est-ce que le mental ?

Le mental est le Diable de la culture contemporaine. Dans le non-dualisme du Yoga selon Vasishta, le mental (manas, mind, mens) est présenté comme la Shakti de l'Immense, du Brahman. mental=imagination=libre-arbitre=individu=Shakti=Brahman Vasishta dit : "Les sages savent que le mental est engendré par la Shakti de volonté (samkalpa) du Soi infini, du grand Soi doué de toutes les Shaktis. Cette Shakti est parfaite. On la nomme "pensée". Elle rend possible les décisions. C'est elle aussi qui délimité en acceptant ou en refusant (ce qui se présente)." Yogavâsishta, III, 96, 3 et V, 13, 53 On ne saurait être plus clair : L'individu est la Shakti de l'Immense. Le personnel est actualisation de l'impersonnel. Si vous préférez. - Artículo*: noreply@blogger.com (Dubois David) - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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Cicli cosmici e rigenerazione del tempo: riti di immolazione del ‘Re dell’Anno Vecchio’

Eliade scrisse che “la differenza principale tra l’uomo delle società arcaiche e tradizionali e l’uomo delle società moderne, fortemente segnato dal giudeo-cristianesimo, consiste nel fatto che il primo si sente solidale con il cosmo e con i ritmi cosmici, mentre il secondo si considera solidale solamente con la storia” [Eliade (1), p.5]. Questa «vita cosmica» è connessa al microcosmo da una “corrispondenza strutturale di piani disposti in ordine gerarchico” che “costituiscono nel loro insieme la legge universale armonica in cui è integrato l’uomo” [Sanjakdar, p.155]. L’uomo arcaico teneva nella massima considerazione soprattutto i solstizi e gli equinozi, nonché le date ad essi intermedi: si riteneva che in questi particolari giorni, che segnavano il passaggio da una fase del ciclo alla successiva della «ruota dell’anno», l’energia del cosmo fluisse più liberamente, e dunque scelsero tali date per operare i propri rituali. In questa sede ci interessano soprattutto determinate date comprese fra il Solstizio d’Inverno e l’Equinozio di Primavera, vale a dire la fase calendariale in cui il Sole sembra morire: la cosiddetta «crisi solstiziale» o «crisi invernale». L’uomo tradizionale riteneva che, nel momento in cui la «ruota dell’anno» fosse giunta nella sua fase invernale, sarebbe stato necessario far rivivere l’astro eliaco con degli appositi rituali, al fine di assicurare la fertilità e la fecondità per l’anno a venire. Si può anche dire che, in ogni parte del mondo, le società tradizionali conoscevano e applicavano metodi rituali per ottenere la rigenerazione del tempo [Eliade (1), p.104]. Ad es., i pensatori dell’India più antica, dal periodo vedico in poi, nel tentativo di conferire una struttura al caos informe dell’universo, forgiarono con le proprie intuizioni un fittissimo tessuto di connessioni e corrispondenze mitiche e rituali, incentrate prevalentemente sul sacrificio, exotericamente rappresentato con la messa a morte di una vittima umana e, in seguito, animale, come simbolo della morte dell’anno vecchio e della sua conseguente rinnovazione e rinascita come «anno nuovo». Prajàpati è l’anno.*L’anno è la morte. Colui che sa ciò, non è toccato dalla morte.** * Aitareya Br., 7,7,2** Qat. Brahmano, 10,4,3,1 L’immolazione del «Re dell’Anno Calante» Sappiamo che anticamente l’anno per gli Indù—così come pure per i Celti, i Romani e le altre popolazioni indoeuropee—iniziava nell’equinozio primaverile, “quando nascono i cerbiatti”. Allora il re dell’anno vecchio, adorno di corna cervine come Atteone, era messo a morte da donne infuriate, dette «regine» [Graves, p.105]. Il re, in questi antichi rituali, era, come rivelò Hooke, il centro del culto, ed in quanto tale era responsabile dei raccolti e della prosperità delle comunità [Eliade (2), p.44]. In un’ottica arcaica che vedeva nel re il figlio e vicario della divinità sulla terra, egli veniva considerato responsabile della regolarità dei ritmi della natura e del buon andamento di tutta la società: non è quindi sorprendente notare che, attraverso il suo sacrificio, si riteneva che il tempo venisse rigenerato e la fertilità assicurata per l’anno a venire [Eliade (1), p.78]. In particolar modo, l’uccisione del re si rendeva necessaria, presso diverse popolazioni antiche, tra le quali Evola annovera i ceppi nordici “sino al tempo dei Goti” [Evola, p.29], all’accadere di una calamità o di una carestia: il sovrano veniva allora immolato in quanto si riteneva che la sua “forza mistica di fortuna” fosse venuta meno e, per tale motivo, al fine di far rinascere la comunità in seguito alla calamità, era necessario sacrificare il re che era venuto meno al proprio compito per nominarne un nuovo [Ibidem]. La comunità infondeva in maniera rituale tutte le influenze negative nella persona del vecchio re (il «Re dell’Anno Vecchio»), capro espiatorio di girardiana memoria, la cui eliminazione era considerata un atto di purificazione e rinnovazione del mondo. Allo stesso complesso mitico si rifà la saga arcaica del «Re dei Boschi di Nemi» (Rex Nemorensis), la cui regalità passava a colui che avrebbe saputo sorprenderlo e ucciderlo [Evola, p.30], ben studiata da Frazer nella sua opera più nota, Il ramo d’oro. Anche nel resto dell’Europa esistono tradizioni estremamente suggestive che sembrano confermare la validità delle ipotesi: durante la «Danza delle Corna» di Abbots Bromley (Staffordshire), fase rituale delle celebrazioni dedicate al dio celtico Lugh [cfr. “La festività di Lughnasadh/Lammas e il dio celtico Lugh”], dio della luce solare, “i danzatori, che portano sulla testa due appendici corniformi, circondano una creatura spettrale vestita di pelle di daino e recante in testa un cranio di cervo dotato di un enorme palco di corna”. La danza mima l’uccisione del personaggio centrale, personificazione del potere germogliante e del sole indebolito nel corso dell’anno [Centini, p.201], ovvero lo stesso Lugh. In questo modo, il dio avrebbe riacquistato forza rigenerandosi in un altro suo rappresentante; esattamente come il cervide ogni autunno perde le corna e ne sviluppa di nuove—da qui il la valenza del cervo come simbolo del Sole (e dell’Anno) morente e ri-nascente. Tracce di un cerimonie simili si trovano anche nell’Irlanda del XII secolo, altra regione che vanta un substrato tradizionale di ambito celtico. Graves riporta un racconto vertente su un rituale di questo tipo, a Tyrconnell, durante il quale si procedeva all’ “incoronazione di un reuccio irlandese” e che nei riti preliminari contemplava il sacrificio e lo squartamento di una giumenta bianca. Dopo essere stato ucciso e squartato, l’animale veniva messo a bollire in un calderone: il re entrava nel recipiente, sorbiva il brodo e mangiava la carne. In questo rito, la cavalla bianca era vista come l’incarnazione dell’Anno Solare, e quindi veniva sacrificata in quanto rappresentante il Re dell’Anno Calante, per permettere l’ascesa del nuovo sovrano, rappresentante il Re dell’Anno Crescente. Cerimonie simili sono documentate anche tra i Britanni dell’Età del bronzo, in Gallia e nella Danimarca medievale [Graves, pp.440-1]. «Crisi Solstiziale» e sovvertimento del Cosmo La spiegazione di certi rituali si ottiene considerando che, prendendo in prestito le parole di Curletto, “nelle situazioni critiche, che esprimono sempre una trasgressione, quindi un capovolgimento emblematico, sovvertire simbolicamente i termini delle relazioni concorre a risolvere la crisi stessa. Quando l’ordine viene a mancare e l’equilibrio si spezza, è necessaria una nuova rottura, un nuovo avvenimento fuori dalla norma… perché si possa essere reintrodotti nell’equilibrio” [Curletto, pp.86-7]. In altre parole, l’opposizione di due trasgressioni le annulla. Per questo motivo, nei Saturnali romani (Saturno corrisponde a Kronos/Cernunno) vigeva l’inversione dei costumi ed il sovvertimento dei ruoli: il tempo profano veniva sospeso e si realizzava la paradossale coesistenza del passato (il ritorno delle anime dei morti) con il presente, in una situazione di caos indifferenziato. Gli ultimi giorni dell’anno trascorso, durante i quali i Saturnali si svolgevano, venivano infatti identificati con il caos precedente la creazione. La stretta relazione con la dimensione agraria di tali rituali (si tenga sempre conto che in tale periodo dell’anno ci troviamo nel bel mezzo della «crisi solstiziale») dovrebbe rendere chiaro che, come afferma Eliade, “sia sul piano vegetale che sul piano umano, ci troviamo di fronte a un ritorno all’unità primordiale, all’instaurazione di un regime «notturno» in cui i limiti, i profili, le distanze diventano indiscernibili” [Eliade (2), p.94]: la dissoluzione della forma veicolata esternamente dal caos orgiastico e dalla sospensione della legge. Ogni licenza era consentita, leggi e proibizioni sono sospese, e “mentre si attende una nuova creazione, la comunità vive vicino alla divinità, o più esattamente vive nella divinità totale primordiale [Ibidem, p.95]. Riguardo all’orgia, si suppone che essa faccia circolare l’energia vitale perché si attua proprio nei momenti di «crisi cosmica» (ad es. durante la siccità) o di opulenza (durante alcune feste arcaiche della vegetazione), come se, nel pensiero eliadiano, essa si praticasse durante i periodi crepuscolari della storia del mondo. Questi momenti, come nota la Sanjakdar, “vedono non solo una diminuzione delle energie vitali che necessitano quindi di essere rigenerate, ma anche una «contrazione» della stessa durata della vita, e tutto ciò determina quindi una situazione unica di degenerazione di tutti i piani esistenziali” [Sanjakdar, p.172]. Magnone, in una lettera personale all’autrice, riporta inoltre l’opinione comune che “il tantrismo, benché fenomeno tardo, rappresenti la riemersione di concezioni legate ad antichissimi culti di fertilità”, sottolineando inoltre che “anche nel tantrismo la valenza dell’orgia è reinterpretata come strumento di reintegrazione dell’unità originaria tra Śiva e Śakti [Ibidem, p.182]. Questa visione del cosmo, a Roma, permeava, oltre ai Saturnali, anche altri riti, probabilmente ancora più antichi: a febbraio avveniva la cacciata rituale di Mamurio Veturio, il «cornuto dio dell’anno», «doppio» di Marte e demone della vegetazione, che infine, tramite il suo rappresentante mascherato, subiva il rito immolatorio [Dumézil, p.196]. Nel calendario romano più antico l’anno iniziava a marzo: febbraio era, dunque, originariamente l’ultimo mese dell’anno. Questo fatto ci consente di inquadrare senza timore di smentita la cacciata rituale di Mamurio Veturio all’interno di questo complesso di riti di fine anno, tutti contemplanti il ritorno ad un caos indifferenziato e orgiastico e l’uccisione di una vittima sacrificale in quanto rappresentante dell’«Anno Vecchio». Così Eliade: “Dato che, nel vecchio calendario romano, febbraio era l’ultimo mese dell’anno, esso partecipava della condizione fluida, ‘caotica’ che caratterizza gli intervalli fra due cicli temporali: le norme erano sospese e i morti potevano ritornare in terra; sempre a febbraio si svolgeva il rituale dei Lupercalia, purificazioni collettive che preparavano il rinnovamento universale simboleggiato dall’«Anno Nuovo» (=ricreazione rituale del mondo)” [Eliade (3), p.121]. L’antichissima festa sfrenata dei Saturnali si è trasferita nell’odierno Carnevale (*krn), tanto che nel personaggio omonimo possiamo riconoscere “un continuatore del Re dei Saturnali” [Toschi, p.32]: “Come questo, che, assunto il ruolo del Dio Saturno e del «Re della Baldoria», veniva alla fine immolato, così il personaggio di Carnevale dopo aver preso parte a tutte le manifestazioni di allegria e di baldoria, veniva processato, condannato e bruciato”. BIBLIOGRAFIA: Centini; Massimo Centini, Le bestie del Diavolo (Rusconi, Milano, 1998). Curletto; Silvio Curletto, La norma e il suo rovescio (ECIG, Genova, 1990). Dumézil; George Dumézil, La religione romana arcaica (Rizzoli, Milano, 1977). Eliade (1); Mircea Eliade, Il mito dell’Eterno Ritorno (Boria, Bologna, 1968). Eliade (2); Mircea Eliade, La nostalgia delle origini (Morcelliana, Brescia, 2000). Eliade (3); Mircea Eliade (4), Storia delle credenze e delle idee religiose. Vol. II (Sansoni, Firenze, 1980). Evola; Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno (Mediterranee, Roma, 1969). Graves; Robert Graves, Miti greci (Longanesi & C., Milano, 1963). Sanjakdar; Lara Sanjakdar, Mircea Eliade e la Tradizione. Tempo, Mito, cicli cosmici (Il Cerchio, 2013). Toschi; Paolo Toschi, Il folklore (Touring Club Italiano, Milano, 1967). - Artículo*: Marco Maculotti - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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FELIZ DÍA DE TODOS LOS SANTOS

La Solennidad de todos los santos euna de las grandes fiestas de la Iglesia Universal en la que se recuerdan y festejan a todos esos hermanos nuestros que sabemos que están junto a Dios acompañándole en la Gloria. Y no son, por supuesto, solo los canonizados oficialmente por la Iglesia sino todos aquellos que pasaron por la vida haciendo el bien y suguieron al Señor. Hoy nosotros celebramos con gozo esta Fiesta y le pedimos Dios que nos conceda disfrutar ya en la tierra de la protección de sus santos y que un día nos conceda estar con ellos para glorificarlo en su eternidad que es el Cielo. - Artículo*: CISTER-CASTILLA - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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LA TERCERA GUERRA MUNDIAL Y EL CONTROL DEL AGUA

Todo parece indicar que las guerras que se avecinan, se producirán por el control del bien más esencial para el ser humano, el gran tesoro que siempre nos ha rodeado y que más valor tendrá en el futuro: el agua. Y es que el desarrollo tecnológico nos encamina hacia un mundo donde el petróleo será […] - Artículo*: El Robot Pescador - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Transpersonal

Revista MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) ★ October 31, 2016 at 06:22PM
 

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Emile Dermenghem. — Vies des saints musulmans

Emile Dermenghem. — Vies des saints musulmans - Artículo*: Yahya De Kuyper - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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Obras de John Williams, Jesús Torres y Gustav Holst en el cuarto programa de abono de la OFM en el Cervantes - OFM

El director malagueño Arturo Díez Boscovich dirigirá la Orquesta. El Teatro Cervantes será el escenario de este concierto los días 3 y 4 de noviembre, jueves y viernes, a las 21 h. Dará comienzo la primera parte con Olympic Fanfare and Theme de John Williams. La fanfarria la escribió Williams para los Juegos Olímpicos de los Ángeles de 1984. Las tres partes diferenciadas que componen la pieza mantienen la unidad de esta épica composición muy ricamente orquestada y de efecto conmovedor para el oyente. Finalizará esta parte del programa con el Concierto para percusión y orquesta del compositor aragonés Jesús Torres. Escrito en 2012 con un potente sentido técnico y dedicado al percusionista Juanjo Guillem, que es el solista en este concierto. Se estrenó en el Auditorio Nacional en 2014. Su espectacularidad se sustenta en la cuarentena de instrumentos de percusión distribuidos en varios órdenes acompañados por una orquesta con una plantilla clásica, destacando la marimba de cinco octavas por su polifonía exótica. La segunda parte se dedicará a Gustav Holst con su obra «Los planetas», Op. 32. Es una suite sinfónica en la que el autor proyecta musicalmente en cada planeta el atributo que se le da en la mitología clásica. Por ello, el tratamiento orquestal es diferente en cada una de las siete partes, sin menoscabo de la homogeneidad del conjunto de la obra. Se estrenó en Londres en 1918 y la dedicó a su hija Imogen. Actuará el Coro de Ópera de Málaga bajo la dirección de Salvador Vázquez. The post Obras de John Williams, Jesús Torres y Gustav Holst en el cuarto programa de abono de la OFM en el Cervantes appeared first on OFM. - Artículo*: Álex Cruz - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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LAS LUMINARIAS, ¿UN EQUIVALENTE A LA FIESTA DE BELTANE, EN TERRITORIO AUSTRAL? (Sergio Fritz)

En estos días los paganos del Hemisferio Norte celebran Samhain. A nosotros, mujeres y hombres súricos nos correspondería en esta fecha la fiesta de Beltane. Aunque ésta es en su origen una festividad céltica; también podría sernos cercana. Propongo que Beltane de alguna manera llegó a ciertos lugares de Chile, especialmente a Calbuco, Chiloé, donde posiblemente por la influencia gallega, nación celta (recuérdese que a Chiloé llegan muchos gallegos; es más a Chiloé los españoles la llaman "Nueva Galicia"; por otro lado la cantidad de símiles entre la mitología gallega y la chilota son numerosos). Y así, sabemos que en Calbuco se conmemora la Fiesta de la Candelas. Al igual que Beltane es una ceremonia popular y donde el fuego y las antorchas son centrales. En el caso chilote por adopción católica dice relación con el santoral de San Miguel (de hecho el nombre exacto de Calbuco es San Miguel de Calbuco); por lo cual simbólicamente y desde la perspectiva cristiana marca el inicio del triunfo de la luz por sobre la oscuridad. En la iglesia parroquial de Calbuco existe una antigua escultura del santo luchando contra Lucifer. (La Fiesta de las Luminarias en Calbuco. FUENTE: CNCA) Aunque la fiesta de las luminarias se efectúa a fines de septiembre, de alguna manera quiere indicar el triunfo de la fecundidad y la luz que en el ciclo anual empezará a hacerse cada vez más duradera por sobre la oscuridad de la noche. Es un rito en que participa todo el pueblo, el que goza ya desde la previa recolección de ramas de coligue (uno o dos días antes de la noche de las Luminarias) hasta el encendido de éstas. ¿Podría corresponder a nuestro Beltane? Quién sabe. La pregunta está lanzada. Espero que estas reflexiones puedan ayudar a preguntarnos por nuestra identidad, conocer las fechas adecuadas para el hemisferio austral y a acercarnos a la naturaleza, celebrando los ritos vinculados a su fertilidad. FUENTES:http://ift.tt/2f4iooR - Artículo*: Sergio Fritz Roa - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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The Lord’s Prayer (Our Father) in Aramaic


The Lord’s Prayer (Our Father) in Aramaic Archimandrite Seraphim & parishioners in Qanda, Georgia Assyrian Orthodox Church Elevation of the Triumphant Cross ...

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Aurora fantasmal sobre Canadá | Imagen astronomía diaria - Observatorio

¿Qué te parece esta aurora? Mientras había que desafiar el frío para ver el cielo sobre el norte del Canadá una madrugada de 2013, apareció una insólita aurora. La aurora parecía la figura de algo, pero qué? Según el astrofotógrafo, había dos posibilidades fantasmales, "bruja" y "diosa del amanecer", pero no dude sugerir sus impresiones mejoradas por Halloween. Independientemente de las interpretaciones fantásticas, la aurora de la fotografía tenía un color verde típico y fue causada por una acción bien entendida científicamente: las partículas de alta energía procedentes del espacio que interactúan con el oxígeno de la atmósfera superior de la Tierra. En primer plano de la imagen, en la parte inferior, vemos Alexandra Falls y árboles de hoja perenne. - Artículo*: Alex Dantart - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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La música es, sin duda, la mayor expresión del espíritu humano « MusicaAntigua.com

Su pureza radica en la intangibilidad de la misma, es abstracta como las ideas. Al igual que los conceptos requiere de un cultivo paciente en donde juegan distintos elementos para que sea desarrollada y más tarde ofrezca sus jugosos frutos: instituciones, recursos humanos y económicos, etc. Yo pretendo resaltar uno que considero de importancia fundamental: buen gusto. El “buen gusto” no es un elemento fortuito (de allí que sea eso: “buen gusto”); pocos lo poseen porque es producto de un continuo cultivo que comienza a gestarse quizás desde la más tierna infancia. Implica en la persona portadora de semejante virtud un continuo consumo de recursos que poco a poco sensibilicen el alma. La clave bien temperada del buen gusto produce un exquisito aderezo que perfuma al ser humano, y lo predispone hacia una actitud contemplativa que no se puede ya abandonar una vez que su grandeza ha tomado posesión de la intimidad. Las monarquías eran bien conscientes del cultivo del buen gusto. Elementos básicos de su legitimidad se encontraban conjugados a la posesión de ciertas virtudes que a los ojos de sus gobernados les generara el respeto suficiente como para constituirse en las cabezas del estado. Una cabeza portadora de más cosas que una corona, pues la corona, por sí misma, no es significado de una aptitud excelente para los asuntos del gobierno. La virtud deja clara la posibilidad de eficacia ante el encaramiento de los múltiples problemas que representa la dirección de la vida pública. El rey Luis XIV de Francia, también conocido con el apolíneo sobrenombre de “el sol”, sabía muy bien que el poder de su reinado tenía que hacerse de recursos suficientes como para garantizar la estabilidad que las “Guerras de la Fronda”, bajo el reinado de su padre, Luis XIII, y los gobiernos de los ministros Richelieu y Mazarino, había convertido en un sueño. El Rey trabajó en la construcción de una manifestación artística que fortaleciera la narrativa legitimatoria del estado-nación moderno, y acallara así los apasionamientos regionales de una nobleza provincial que no pretendía someterse a los principios de un gobierno común al amparo de una legalidad universal (que es el proyecto estatal propiamente). El francés sería el protagonista del proyecto. La lengua que encarnara el lenguaje de la expresión artística lograría lo que la pólvora no logra nunca: la paz. Es así que contradiciendo la opinión de Voltaire en lo que se refiere a El Siglo de Luis XIV: “La música francesa, al menos la vocal, no ha sido hasta ahora del gusto de ninguna otra nación. No podía serlo, porque la prosodia francesa es diferente de todas las de Europa”, continua adelante: “Todo esto, unido a la lentitud de nuestro canto –que hace un extraño contraste con la vivacidad de nuestra nación-, hará que la música francesa sea apropiada sólo para los franceses” (p. 565, en la edición castellana del FCE). Más allá que si el francés pronuncia o no su última vocal en el canto –rasgo “antiestético” para Voltaire- el rey a quien tanto admira dotó a la expresión vocal de un encanto trascendente al de la experiencia de la cultura europea promedio. La música se transformó en una ceremonia de estado dotada de la grandeza de una catedral o de una corte, y no de una corte cualquiera (…), sino la de la corte de Versalles. Versalles es más que un ente físico, es un sueño donde todas las artes se conjugan y se transforman en el elemento más imponente de la gloria regia. Versalles es el lugar del buen gusto y su constructor es el mayor representante de esa gloria cósmica que gira en su entorno. Luis XIV hizo lo que Galileo haría con la física, hacer que los elementos de poder celeste giren en su entorno pero acompasados por la música que a diferencia de lo afirmado por Voltaire, se asentaría en Occidente y daría a las letras francesas el prestigio suficiente como para erigirse en la lengua ceremonial de las cortes hasta principios del siglo veinte. Nuestro docto iluminista hace bien en reconocer a una figura capital política: Jean-Baptiste Lully: “nacido en Florencia en 1631, lo trajeron a Francia a la edad de catorce años, y no sabiendo más que tocar el violín; fue el padre de la verdadera música en Francia. Supo acomodar su arte al carácter de la lengua; éste era el único medio de triunfar” (op. cit., p. 566). No creo que Lully haya “acomodado la música a la lengua”, antes bien creo lo opuesto, que la lengua –con toda la cultura regia gala que la compone-, lo utilizó a él. Si bien el aire italiano de su música se escucha sobre todo en su Ballet Royal d´Alicidiane (1658), su alianza con Moliére hace de sus comédies ballets un satélite del protocolo regio en miras a desacralizar a otras instituciones, como la iglesia y la ascendente burguesía, a través de la burla: Le Mariage forcé (1664), L´Amour Médecin (1665) y su inmortal Le Bourgeois gentilhomme (1670) estrenado en el Chateau de Chambord: representando las mascaradas refinadas a la manera del carrusel en París, la irreverencia satírica aristócrata, la altanería monárquica, el desprecio a los advenedizos que ignoran el “buen gusto”, todo ello con la bendición del rey y su corte que dieron al ballet con voz francesa la carta de ciudadanización, y la elevaron a política de estado, que ya para los días en que Lully entra en alianza con Philippe Quinault (las llamadas Tragédies lyriques) retoman los temas de la tragedia grecolatina, donde son los reyes, los príncipes, los grandes héroes y semidioses, protagonistas sublimes que dan prueba al mundo de su grandeza: Cadmus et Hermione (1673), Alceste (1674), Psyché (1678), Phaeton (1683) y la última gran obra concluida por Pascal Collase, Achille et Polyxéne (1687). La extensa obra de este regio maestro de la corte de Versalles es aún más grandiosa, a mi ver, en la música sacra. El Te Deum de Lully, como aquel de Charpentier y el de Rameau, son cumbre de la elevación de la monarquía a las alturas divinas en donde tanto gustaba ubicarse. Aires marciales a la manera de una marcha real hacen de obertura al paso idealizado del subliminalizado rey solar: los tambores y las trompetas juegan en un paso acompasado, los coros son himnos que retumban en los retablos eclesiales y generan en el auditorio un estado catártico que les deja en claro quién es el personaje con la legitimidad plena para tomar el mando del estado: el rey. La música hizo más que “seducir” –aunque sí lo hizo-, dice Voltaire: “Rameau sedujo los oídos, y Lully sedujo al alma” (op. cit., p. 566), construyó la legitimidad del estado que la teoría contractualista de Hobbes no pudo. El estado no es solamente un trazo hipotético debido a las posibles consecuencias de un hombre aterrorizado que quiere salir del peligro y se somete a un Leviatán que lo defienda. Considero que el entramado artístico de la monarquía francesa logró ganarse las voluntades con la gracia de las artes, a través de su lenguaje aplacó la animadversión de los enemigos del estado, a través de la comedia de Moliére o la tragedia de Racine o de Quinault, la mofa, el escarnio, la carcajada irreverente, o el ensalzamiento de la personalidad aristocrática y regia, se logró imponer un orden legal que no se puede alcanzar con la sola lucha de facciones, envilecidas por la guerra, enajenadas por la sangre, y con el alma pútrida a la que, quizás, una sonata para viola da gamba de Marin Marais, discípulo de Lully y de Monsieur de Sainte-Colombe podía sanar. La pureza del instrumento solo (…), la emotividad de las cuerdas rasga las costras purulentas de los pueblos marginados, pues les demuestran que la belleza existe y que les confiere una caricia a sus muy golpeados corazones y eso, eso sólo, a veces vale más que cualquier otra cosa en un mundo desgarrado. Texto extraído de sdpnoticias, escrito por LUIS ALBERTO MONTEAGUDO OCHOA Artículos relacionados: Jordi Savall: Humano, demasiado humano Son muchos los adjetivos que podrían describir la actuación en... El espíritu de la Viola da Gamba Al igual que Pau Casals descubrió en 1890 las suites... Nunca fue pena mayor Seguro que por el título del post ya sabes a... - Artículo*: MusicaAntigua - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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LA CONSAGRACIÓN DE UN FRISO.

En un reducido agreste peñón, bajo el que corre un manantial, se alza un templo mágico y de especial descanso para el espíritu. Joya humilde del románico palentino, el templo de Santa Cecilia, en Vallespinoso de Aguilar, es un itinerario iniciático donde la roca, palabra divina solidificada y sobreedificada por el hombre, transmite todas las fuerzas telúricas y la energía de la creación. Sus figuras talladas en la portada, pese al paso del tiempo, contienen una estética espiritual y un plasmado reflejo de su tiempo, difícilmente igualables. Parte de su friso, ejemplo de lo difícil de dar un significado definitivo a la representación escultórica románica, es el que más problemas de interpretación ha creado a los especialistas y expertos. Se debe al insigne Miguel Ángel García Guinea el primer intento en describirlo: “la primera lleva una especie de bastón sobre el pecho que sostiene con ambas manos, la segunda con instrumento de música, la tercera porta algo parecido a una maza, la cuarta con un violín sobre las rodillas, la quinta con bastón en idéntica postura al primero, la sexta con la mano derecha en actitud de bendecir y la izquierda con un objeto en las rodillas que pudiera ser un libro, la séptima con una especie de columna a la izquierda, y la octava, muy confusa, quizás con otra”. Por su parte Jesús Herrera Marcos, aprovechando la advocación del templo, considera que estamos ante una representación de los “Ocho modos gregorianos” referidos a los músicos que caen bajo el patronazgo de la titular, Santa Cecilia. Según este autor, cada personaje con su instrumento simbolizaría: “la bienaventurazada de los santos del cielo, la oración, las almas piadosas, los dones del Espíritu Santo, la alabanza de los Santos a Dios, la tranquilidad del espíritu justo y por último el orden cósmico resultante de todo lo anterior, representado generalmente por un personaje portando una gran vara a modo de batuta, que establece el ritmo musical”. No sería, sin embargo, hasta el trabajo de José Manuel Rodríguez Montañés y Pedro Luis Huerta Huerta, cuando se estableciera la teoría más consolidada y vigente en la actual aceptación de que estamos ante los restos de un mensario: “Sobre el friso de la parte derecha de la portada vemos un grupo de nueve personajes en actitudes diversas cuya identificación resulta sumamente compleja, tanto por lo complicado de la composición como por lo desgastado del relieve. En algunos parece clara la referencia a actividades agrícolas, como en el caso del primero de ellos, que porta una especie de mayal. El siguiente sujeta un calderillo o cestillo y un objeto cortante, posible referencia a labores de vendimia, mientras su compañero maneja un objeto oblongo que se pudiera interpretar como un personaje vertiendo el vino de un odre al barrilillo, como en la portada de Beleña de Sorbe (Guadalajara). Mayor dificultad ofrecen los dos siguientes personajes, el primero removiendo en una especie de escudilla y el segundo sosteniendo un objeto alargado. El personaje de su derecha, acompañado de otra figura de reducidas dimensiones y muy perdida, aparece ante una mesa repleta de manjares realizando un gesto de bendición con su diestra (índice y corazón extendidos). Concluyen la escena dos figuras, separadas por una especie de columna, la extrema tocada con capirote y en actitud de calentarse. El conjunto de personajes, salvo el de menor tamaño junto al comensal, forman un grupo coherente, todos vestidos con túnica a excepción del rústico tocado con capucha, quien porta un sayón. El canon de las figuras es algo achaparrado y se presentan bien descalzos bien con puntiagudos calzados. Si las atribuciones avanzadas se confirmasen estaríamos aquí ante un fragmentario mensario, del tipo del citado en Beleña de Sorbe”, tesis que es apoyada y compartida por Cristina Párbole quien defiende la tesis de un mensario o menologio inacabado donde faltarían los meses de marzo, abril y mayo, en el que Julio sería el personaje situado más a la izquierda que porta un báculo o cetro, mientras que Agosto lleva una cesta, haciendo referencia a la tarea de desgranar el trigo, Septiembre el personaje vertiendo vino en un tonel, Octubre representado con un recipiente entre sus manos removiendo el contenido del recipiente, Noviembre portando de nuevo un cetro relacionándolo con la matanza del cerdo, y Diciembre ( el más fácil de identificar, a juicio de Cristina) el llamado “banquete de la Navidad” con la mesa donde están dispuestos los productos que se han ido recolectando durante el año, mientras que un sirviente en un estrato menor lleva algo en las manos y se dispone a servir la mesa, al tiempo que el señor aparece con el dedo índice y corazón levantado en actitud de bendecirla. Conocemos otras teorías que, desapegándose de la tesis comúnmente aceptada, la del mensario incompleto, entienden que se trataría de un apostolario mutilado apoyándose, quizá, en la figura que porta las llaves y que relacionarían con la de su acompañante lateral sin tener en cuenta que ninguna de las figuras del friso están provistas de nimbo ni de atributos clásicos apostólicos ni reparar en que mayoritariamente van calzados, cuestiones todas ellas que repugnan la más elemental interpretación en la simbología y mensaje románico. Con la modestia y humildad de quienes no somos expertos ni especialistas sino profundos amantes y estudiosos de este Arte sacro, hemos decidido abordar la interpretación de esta parte del singular friso del templo románico de Santa Cecilia de Vallespinoso que, para nosotros, contiene la peculiaridad exclusiva de ser la única representación pétrea, el único documento esculpido, de la ceremonia ritual de DEDICACIÓN O CONSAGRACIÓN DEL TEMPLO ROMÁNICO. Ya el paganismo conocía la dedicación de un templo, de un altar, de un teatro o de una ciudad. No en vano en el 11 de mayo del 330 se celebró con fastos la dedicación de Constantinopla. El rito comportaba siempre procesiones con aspersiones de agua lustral, oraciones y ofrecimiento de sacrificios. También el Antiguo Testamento conocía la dedicación de altares (Núm. 7, 10-11) y templos ( 1 Re 8, 1-66 y Esd 6, 15-18), pero no será hasta la Edad Media cuando la liturgia cristiana de la encenia o inauguración ( Jn 10,22), es decir la "dedicación" del templo, pretenderá enriquecer su simbolismo tomando el sustrato bíblico. El desarrollo de la celebración de la "dedicación" o consagración de un templo románico era una ceremonia litúrgica de las de mayor importancia que podían efectuarse. Perfectamente codificada en textos pontificales y ordines diversos, tenía tasados unos ritos iniciáticos, verdadero juego litúrgico fruto de la simbología medieval y revelador de una teología concreta, que comenzaban con una entrada procesional al templo. Todos se detienen en el umbral para que los representantes de quienes han colaborado a la construcción, el/los comitentes, lo entreguen al pastor del nuevo templo para que abra sus puertas. El nuevo pastor, accediendo con las llaves al templo invitará al pueblo a entrar mientras se canta el Salmo 23. Finalmente, se abre la puerta y, entonces, un celebrante descalzo (" ¿ Deseas encontrar limpia la basílica?, pues no ensucies tu alma con el pecado"...)ilumina festivamente el templo (" Si deseas que esté bien iluminada, Dios desea también que tu alma no esté en las tinieblas y brille en nosotros la luz de las buenas obras...", Cesáreo de Arlés) como signo de gozo mientras se entona el cántico de Tobías ( Tob. 13,10-17), al tiempo que se procede a la bendición del agua gregoriana ( agua, sal, ceniza y vino) para la lustración del altar y todo el edificio rociándolo con el hisopo ( Ordo XLII,6) siguiendo el texto de Sugero, abad de San Denis ( 1.114) (" Señor, mediante la unción del santo crisma, tu has unido lo material a lo inmaterial..."), mientras que, acorde a la tradición del siglo IV establecida por San Ambrosio, un presbítero trasladará, en una patena, las reliquias de la santa mártir para ser entregadas al celebrante. Celebrantes componentes del séquito portando antorcha - pies descalzos-, hisopo con unción crismal y urna relicaria- también descalzo- Finaliza el cortejo con los celebrantes portadores del sello - monosandálico en señal del acto jurídico de toma de posesión o propiedad- y rollo del Acta fundacional. Uno de los momentos más relevantes del rito era la de la deposición de tecas conteniendo reliquias de los Santos junto con porciones del cuerpo del Señor (hostias) en un reconditorio o sepulcro ubicado en el interior o bajo la propia ara del altar ( lipsanoteca). Obsérvese cómo la figura pequeña del acólito, vierte sobre el punto central bajo el ara sobre la que aparecen labradas porciones de hostias, el contenido de un recipiente, al tiempo que el celebrante, con mano alzada, efectúa el rito de bendición ante la mirada de la única figura encapuchada o cabeza cubierta - lo que evidencia su carácter de fémina- y el señor que, ricamente ataviado, permanece sentado en señal de su carácter de benefactor o comitente. Esta fórmula del ritual de consagración denominada " pro codendis reliquiis", se encuentra ya contenida en el Liber diurnuspapal datado en el siglo VI y en el Ordo romano XLVIIdel siglo VIII observando la costumbre instituida por San Ambrosio cuando al descubrir los restos de los santos Gervasio y Protasio ( año 386) las colocó en el altar de la basílica de Milán en un gesto simbólico de que las víctimas triunfantes tuvieran un lugar allí donde Cristo se ofrece a sí mismo como hostia: "sobre el altar, aquel que se ofreció por todos; bajo el altar, aquellos que fueron rescatados por él con su pasión". En la íntima convicción de haber desvelado la exclusiva representación pétrea de la única encenia o consagración de un templo románico español, alentamos a la puesta en valor y conservación de este singular friso del templo de Santa Cecilia de Vallespinoso de Aguilar, testigo único y fiel lenguaje del alma de las piedras. BIBLIOGRAFÍA * Miguel Ángel García Guinea. *Jesús Herrera Marcos. * José Manuel Rodríguez Montañés y Pedro Luis Huerta Huerta. Enciclopedia del Románico. * Cristina Párbole. Mensario al detalle.La Huella Románica. * Muros consagrados. El entorno litúrgico medieval de la lipsanoteca de Bagüés Gloria Fernández Somoza Universidad Ramón Llull. * Apologética católica, " Dando razón de nuestra Esperanza", Febrero 2015 * Dedicación de Iglesias y altares, NLDPublicado por Syr Malvís - Artículo*: Baruk - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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El Spedale di Santa Maria della Scala en Siena

El antiguo Spedale de Santa Maria della Scala, frente a la portada occidental del Duomo de Siena, fue una de las instituciones más grandes y antiguas de Europa dedicada a la triple función de... Continuar leyendo... - Artículo*: Sira Gadea - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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¿Quiere saber si su compañero es un cretino? Pregúntele esto

Según un estudio norteamericano, planteando esta cuestión descubrirá el verdadero yo de los demás. ¿De qué se trata? Y ¿de verdad es tan fácil? - Artículo*: Eva Carnero - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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Cartas al director | Un medicamento que se llama escribir

- Artículo*: Nieves Correas Cantos - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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ABSORBERTE EN EL SER

Para meditar con éxito debes tener un interés genuino. Si sientes verdadero amor por la meditación, no tendrás que esforzarte para encontrar tu realidad más profunda, la descubrirás fácilmente. Te contaré una historia que lo ilustra:Akbar fue un gran rey mogol de la India. Un día salió a cabalgar por el bosque. Cuando llegó el momento de hacer sus oraciones de la tarde, se bajó de su caballo, extendió su tapete de meditación al lado del camino y empezó a orar. Mientras lo hacía, pasó por allí una mujer. El esposo de esa mujer había ido aquel día temprano a recoger leña en el bosque. Todavía no había vuelto, a pesar de ser ya más de medio día, y ella sentía inquietud por él. Había salido a buscarlo preocupada por su ausencia, e iba caminando muy deprisa. Por ir tan rápido pisó el tapete de meditación de Akbar sin darse cuenta. Este se enfureció, pero no pudo decir nada porque en la religión islámica está prohibido hablar durante las oraciones. El incidente le irritó tanto que no pudo dejar de pensar en él. En vez de beber el amor de Dios mediante la oración, sólo bebía el veneno de la ira. Cuando la mujer se hubo alejado un poco, vio a su marido que se aproximaba por la dirección opuesta. Corrió a su encuentro, lo abrazó y empezó a caminar hacia su casa con él. Pronto llegaron al lugar donde Akbar había estado orando. Para entonces ya había terminado y estaba sacudiendo su tapete de meditación. Cuando vio a la pareja que venía hacia él, el fuego de su cólera se encendió de nuevo y gritó a la mujer... –¿Qué clase de persona eres? ¿No tienes vergüenza? ¿No tienes ningún sentido de lo correcto? La mujer se asombró. No sabía que hubiera hecho algo incorrecto, había pisado el tapete de meditación de Akbar sin darse cuenta. –Majestad –dijo–, ¿podéis decirme qué ha sucedido? El rey gritó: –¿No lo recuerdas? ¡Estaba tratando de absorberme en el amor del Señor, pero tú viniste y pisaste mi tapete de meditación! –Majestad –dijo la mujer–. Lo siento mucho. Iba corriendo para encontrar a mi marido y estaba tan absorta pensando en él, que no me di cuenta de que vos y vuestro tapete de meditación estaban frente a mí. No obstante, majestad, hay una cosa que me desconcierta. Vos estabas rezando a Dios, que es mucho más grande que un simple marido. ¿Cómo es que no estabais más absorto que yo? ¿Cómo es que me advertiste? ...Debes absorberte en tu meditación, tal como esa mujer se había absorbido en su marido. Entonces no tardarás nada en alcanzar el Ser.Baba Muktananda - Artículo*: Ganapati - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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domingo, 30 de octubre de 2016

Una mirada a las “edades” de la música en Úbeda y Baeza « MusicaAntigua.com

Más de 360 conciertos, 34 espacios históricos de Úbeda y Baeza como escenario, 31 actividades académicas — más de 400 alumnos y 200 profesores— más de 600 compositores programados y miles de espectadores. Estas son algunas de las cifras que el Festival de Música Antigua de Úbeda y Baeza ha alcanzado en sus veinte años de historia. Así las recordó su director, Javier Marín, en la presentación de la vigésima edición, que arrancará el próximo 26 de noviembre y se prolongará hasta el 10 de diciembre. La protagonizarán 35 conciertos en las dos ciudades y otros rincones de la provincia —gracias al ciclo Música en los monumentos de Vandelvira— y el congreso internacional Musicología aplica al concierto: los estudios sobre performance en acción, que se celebrará en la UNIA. “Obviamente veinte años no son nada en comparación con los siglos de historia y riqueza de las ciudades que lo acogen, pero su continuidad año tras año, hacen del joven festival un auténtico superviviente, además de uno de los festivales de referencia en el sector y una de las citas destacadas del otoño musical español”, detalla el director. Cada edición el festival articula su programación en torno a un gran eje temático — “Músicas cultas, músicas populares” hace un año o “Músicas mediterráneas”, en 2014— y esta efeméride supone una “buena excusa” para los organizarlos para trabajar en torno al concepto de edad. “Con su característica vocación pedagógica, el festival ofrece a través de sus cinco ciclos de conciertos una visión retrospectiva de la historia de la música con programas más o menos puros articulados en torno a periodos histórico-musicales concretos”, detalla Javier Marín, en la presentación de esta edición. Así, se transita desde la Baja Edad Media —Psallentes, José Luis Pastor— hasta el llamado Clasicismo musical —Cuarteto Iranzo— y el siglo XX —Coro Averroes—, con un marcado énfasis en los distintos subperiodos del Renacimiento —Armonía Concertada, Orfeón de Granada, Las Arpas Sonorosas, Capella Prolationum & La Danserye, Salix Cantor, Contrapunctus— y los denominados Barrocos temprano —Xauen Cathedral Brass—, medio —Ars Longa, Sparus Aurata— y tardío —Musicum Consensus & Coro Ciudad de Jaén, Harmonía del Parnàs—, sin olvidar edades (o estilos) antes consideradas de transición pero que ocupan un lugar propio en la visión contemporánea de la historia de la música como el galante—Los Músicos de Su Alteza, Orquesta Barroca de Sevilla—. El conjunto de música antigua Ars Longa de la Habana será el encargado de ofrecer en Baeza, el 26 de noviembre, el concierto inaugural. La formación, además, tomará parte en uno de los conciertos didácticos y en otro de los incluidos en el ciclo “La música en los monumentos de Vandelvira”. También destaca la presencia el día 5 de diciembre del grupo Psallentes, compuesto solo por mujeres, y el día 9, de los ingleses Contrapuntus. La programación incluirá, además, tres coproducciones con el Centro Nacional de Difusión Musical. La primera, el 3 de diciembre, con la presencia de Harmonía del Parnàs; el día 8, con Los Músicos de Su Alteza, que actuarán en Úbeda, y el día 10 de diciembre, con la actuación de la Orquesta Barroca de Sevilla. Asimismo, también como novedad, el festival incorpora nuevos espacios para los conciertos, como el Hotel Casas del Cónsul de Úbeda, en el que actuarán Las Arpas Sonorosas, el domingo 6 de diciembre, y la Capilla de San Juan Evangelista de Baeza, que será escenario de uno de los conciertos de Ars Longa de La Habana, el 2 de diciembre. El ciclo Música en los monumentos de Vandelvirá llevará conciertos del 19 de noviembre al 4 de diciembre a Linares, Martos, Guarromán, Beas de Segura, La Carolina, Alcaudete, La Guardia, Andújar, Jaén, Cazorla, Sabiote, Alcalá la Real, Canena, Huelma y Villacarrillo. Artículos relacionados: ‘Los Clásicos’ de RNE, desde el Festival de Música Antigua de Úbeda y Baeza 2012 Los Clásicos, el espacio de música clásica dirigido a todos... Música antigua en Úbeda y Baeza La doceava edición del Festival de Música Antigua de Úbeda... El Festival de Música Antigua Úbeda-Baeza homenajeará ciudades de Europa y América El XVI Festival de Música Antigua de Úbeda y Baeza,... - Artículo*: MusicaAntigua - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Transpersonal

Revista MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) ★ October 30, 2016 at 06:23PM
 

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La felicidad del asceta

AN 5,128 Samanasukha Sutta – La felicidad del asceta. Cómo se vive la vida monástica satisfactoria e insatisfactoriamente. - Artículo*: - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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Geshe Lhakdor-El Propósito del Dharma es......

Geshe Lhakdor ha servido a Su Santidad el Dalai Lama como su traductor y asistente religioso desde 1989. En este puesto ha acompañado a Su Santidad a muchas conferencias y foros importantes de todo el mundo. Ha traducido numerosos libros por Su Santidad del Inglés al tibetano y del tibetano al Inglés. Gueshe Lhakdor es miembro del consejo de la Fundación para la Responsabilidad Universal, establecido por Su Santidad. Él es también el Director del Archivo Central de Su Santidad, miembro del Consejo Asesor del Instituto de Clásicos tibetanos en Montreal, Canadá, y Profesor Honorario de la Universidad de Columbia Británica, Canadá. Actualmente es el Director de la Biblioteca de Obras y Archivos Tibetanos y jefe del Proyecto de Educación Cientifica. - Artículo*: samsaraexit - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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Paroles d'or de Shaykh Abd al-Azîz Al-Dabbagh (Extraits)

Paroles d'or : Kitâb al-lbrîz de Shaykh Abd al-Azîz Al-Dabbagh traduit par Zakia Zouanat Nous disons : L'auteur du poème rimé en râ' (Râ'iyya) a parlé du maître initiateur, et le Shaykh Abd al-'Aziz al-Dabbâgh a commenté quelques-uns de ses propos. L'auteur de la Râ'iyya a dit : Le maître a des signes qui s'ils sont absents chez lui, il n'est alors cheminant que dans les nuits des passions. Le Shaykh Abd al-'Aziz al-Dabbâgh dit : « Le maître initiateur a des signes apparents : - son cœur est sain de toute envie ou sentiment de jalousie ; - il n'a point d'ennemi parmi les gens ; - il est généreux, si tu lui demandes, il te donne ; - il aime ceux qui lui nuisent ; - il ne prête pas d'attention aux fautes des disciples. S'il ne possède pas de science exotérique ni de science ésotérique, jette-le dans les vagues de la mer. Le Shaykh Abd al-'Aziz al-Dabbâgh dit : « Il veut dire par "science exotérique" la théologie et la science de l'unité, c'est-à-dire la proportion exigée de ces deux sciences chez le responsable. Et par "science ésotérique" il désigne la connaissance de Dieu Très Haut. [...] S'il trouve un maître qui ne rassemble pas de manière parfaite les deux sciences exotérique et ésotérique, le disciple est alors proche de la ruine. » « Celui qui n'est pas compté parmi les maîtres parce qu'il n'a pas reçu l'investiture d'un maître parfait - car celui-ci est mort avant d'avoir terminé l'initiation de son disciple -, mais qui a été confirmé par les gens, est aussi un maître valable et acceptable parce qu'il n'est pas exclu que son initiation ait été complétée par des saints invisibles, ou par monseigneur Ahmad al-Khadir. [...] Ne t'attends à trouver le maître initiateur qu'en celui qui a rassemblé trois conditions : il est doté de vision intérieure ; il est libre des passions ; il n'est pas imbu de sa personne. [...] Celui dont les yeux sont rouilles voit le noir qui se trouve au milieu de la lune sur la face du soleil qui est dépourvu de noirceur, cela parce que les vérités s'inversent chez lui. Celui qui n'a pas de vision intérieure voit les défauts dans le maître parfait et le fuit, et il voit la perfection chez la personne inaccomplie. » « Ne te présente chez un maître en vue d'entrer dans son compagnonnage que si tu as la conviction qu'il est un maître initiateur, et qu'il est en cela le plus confirmé de son temps. Cela est une obligation pour le disciple, car le maître qui voit que son disciple se tourne vers un autre maître lui coupe "les vivres". [...] Si tu trouves, par le don du Seigneur, le maître qui va t'initier, établis-toi à son service, tâche de connaître la valeur de son compagnonnage, et prends-le comme médiateur vers Dieu, peut-être atteindras-tu la connaissance de Dieu, mais encore tu dois éviter les choses blâmables aux yeux de la loi exotérique. » « Si tu élèves ton flux spirituel vers la voie de la pauvreté en Dieu qui est la voie soufie, laisse de côté les passions de ton âme dans ce qu'elle choisit pour elle-même comme dévotions et genres de rapprochements, sans que le maître les lui recommande, éloigne-toi de ses passions en cela de la manière dont tu dois t'écarter du mal. [...] Mets ton âme dans le giron de ton maître afin qu'il t'éduque comme une mère éduque son enfant dans son giron. Il n'y a pas pour ton âme de sortie du giron du maître et de sa tutelle avant d'être sevrée de l'initiation. » « Ne t'oppose jamais à ton maître, car l'opposition au maître entraîne à coup sûr la dispersion du disciple opposant et son éloignement de son Seigneur et de sa religion. » Sache (que Dieu t'assiste) que j'ai trouvé ces commentaires de quelques vers de la Râ'iyya écrits de la main même du maître sur une copie du poème. Je ne les ai donc pas entendus de lui, mais ils étaient écrits de sa main bénie sans aucun doute ; c'est pour cela que je les lui ai attribués, sachant que la science du maître est supérieure à tout cela. Comme j'aurais voulu lui lire ce poème afin d'entendre de lui les secrets seigneuriaux et les lumières de la connaissance dans son commentaire, comme à son habitude. Quand le Shaykh est mort, je m'engageai à visiter fréquemment son tombeau, et je le vis en rêve qui me disait : « Mon être n'est pas emprisonné dans la tombe, mais il se trouve dans le monde entier. » Dans le même sens, je l'ai entendu dire durant sa vie : « Le monde entier se trouve parfois dans mon intériorité. » Et je l'ai entendu quelquefois dire : « Les sept cieux et les sept terres ne sont aux yeux du croyant que comme un anneau jeté dans un désert. La présence du maître doit être différente en fonction des 408 stations des maîtres. » Tel est l'état du disciple dans l'assemblée du maître. Il doit garder le silence et ne rien proférer comme belles paroles en sa présence, sauf s'il trouve que le maître est disposé et que celui-ci lui ordonne de le faire. Le disciple en la présence du maître est comme celui qui est assis au bord d'un océan attendant qu'une subsistance lui parvienne. Une étrange histoire est arrivée, et je l'ai entendue du Shaykh Abd al-'Aziz al-Dabbâgh. Je l'ai entendu dire : « J'ai rencontré à La Mecque (que Dieu l'ennoblisse) Abû-l-Hasan 'Alî al-Sadghâ' al-Hindî, et je l'ai trouvé dans un état étrange. Quand il voulait faire un pas, il levait le pied, et celui-ci tremblait dans l'air, il le remettait par terre et il tremblait, et il le rendait à l'endroit du pas et il tremblait, quiconque le voyait ne pouvait que dire : "Il est atteint de folie." Je lui dis : "Ô Abâ-l-Hasan, qu'est-ce que cet état dans lequel tu te trouves ?" « Il dit : "Je n'ai pas dit ce qui m'est arrivé à un autre que vous, et je m'en vais vous le dire. Dieu Très Haut m'a révélé Son acte dans Ses créatures, je vois clairement Son acte courir dans la création, rien ne m'en échappe. Ensuite II m'a révélé les secrets de Son acte dans le destin des autres hommes. Je vois ces actes, et je sais pourquoi ils sont, et je connais les secrets du destin en eux de sorte qu'aucun de ces secrets ne m'échappe. Il m'arriva alors de croire qu'il ne m'a pas voilé Sa vision uniquement parce qu'il me veut du mal. [...] C'est pour cela que j'ai commencé à avoir peur de tout acte de mon choix, attribué à moi, imaginant avec exagération que chacun de mes actes choisis sera la cause de ma ruine. [...] Le premier geste quand je veux étendre mon pied est un acte, j'en tremble de peur, et je le rends à sa place tout en tremblant de peur parce que je le rends, et il en est ainsi dans chaque acte." » Le Shaykh Abd al-'Aziz al-Dabbâgh dit : « Dieu a voilé la vision de ce saint afin qu'il ne voie pas Son acte en lui, par une miséricorde qu'il a voulu lui accorder ; s'il lui avait révélé cela et qu'il s'était mis à y voir l'acte en lui, son corps se serait consumé. » Je me trouvais avec le Shaykh un jour à Bâb al-Hadîd quand il me regarda et dit : « Nul ne peut prétendre connaître Dieu s'il ne connaît pas l'Envoyé (SSP) ; et nul ne peut prétendre connaître l'Envoyé (SSP) s'il ne connaît pas son maître ; et nul ne peut prétendre à la connaissance du maître s'il n'a pas fait sa prière du mort sur les gens. Si les gens disparaissent de sa vue et qu'il se met à ne pas faire attention à eux dans ses dires, ses faits, et toutes ses affaires, il recevra une miséricorde inattendue. » Le Shaykh appréciait celui qui ne prête aucune importance au regard des gens sur lui. II nous disait : « Ne me cachez rien des choses qui vous arrivent, que ce soit celles de la religion ou du bas monde, informez-moi même de vos péchés. Si vous ne m'en informez pas, je vous en informerai. Un compagnonnage dans lequel les états des compagnons sont occultés ne peut être bon. » Il disait : « Quant à moi, je ne vous cache rien de mes affaires. » Et il nous expliquait son état jusqu'à ce qu'il ait atteint son époque, il nous rapportait tout ce qui lui arrivait comme choses habituelles et d'autres ; il nous disait : « Si je ne vous informe pas et ne vous révèle pas mes états, Dieu me punira et me demandera des comptes, car vous pensez du bien de moi. Patientez jusqu'à ce que je vous dise les choses intérieures qui ne vous ont pas été révélées, après cela, celui parmi vous qui voudra rester avec moi, qu'il reste, à ce moment-là sa nourriture sera licite pour moi, et j'accepterai ses offrandes. Celui qui voudra partir, qu'il parte. Mon silence sur ces choses serait une tricherie envers vous. » En vérité, le Shaykh était pure miséricorde pour ses compagnons, faisant le médiateur pour eux dans leurs fautes, couvrant leurs vicissitudes, prenant en charge tout ce dont ils craignent les conséquences, donnant plus d'importance à leurs affaires qu'aux siennes propres. Un jour, il dit : « L'homme qui ne partage pas les mauvaises actions de son compagnon n'est pas un compagnon pour lui. Si le compagnonnage n'existe que pour les bonnes actions, ce n'est pas du vrai compagnonnage. » II dit également : « Par respect pour le maître, si le disciple a des choses à lui dire concernant sa religion ou son bas monde, il ne doit pas se précipiter et l'envahir, mais patienter jusqu'à ce qu'il voie à travers l'état du maître qu'il est disponible pour lui et prêt à écouter ses paroles. Tout comme les invocations ont un temps, une politesse et des règles, car il s'agit de la conversation avec Dieu Très Haut, parler avec le maître a également des politesses et des règles, car cela relève d'une conduite envers Dieu Très Haut. Avant de parler au maître des questions qui lui tiennent à cœur, le disciple doit demander à Dieu Très Haut le succès dans sa politesse à l'égard du maître. » Je lui dis un jour : « Je crains Dieu Très Haut pour des délits que j'ai commis. » Il me dit : « Que sont ces choses ? » Je lui dis alors ce qui m'était arrivé. Il me dit : « Ne crains pas ces choses, mais le plus grand péché dans ton cas est que tu passes une heure sans penser à moi, c'est cela la transgression qui te nuira dans ta religion et ton bas monde. » Je lui dis une fois : « O monseigneur, je suis loin du bien. » Il dit : « Abandonne cette idée, et regarde ta position chez moi, c'est sur elle que tu peux compter. » Nous étions avec le Shaykh dans un état dont il est rare d'entendre son pareil. Il ne nous arrivait pas une chose importante ou banale sans que nous ne la lui rapportassions, et à peine l'avions-nous fait qu'il la prenait en charge pour nous ouvertement et apaisait ainsi notre pensée. Il plaisantait et riait beaucoup avec nous, il nous encourageait à nous débarrasser de notre timidité, et commençait le premier à nous entretenir des choses qui nous préoccupaient, et nous disait : « Ne me considérez pas comme un maître, mais plutôt comme un de vos frères. Vous ne pouvez pas supporter la politesse que demande la station du maître, je vous pardonne et vous délie de cela. Prenez-moi comme un frère, l'amitié durera entre nous. » Que Dieu le rétribue pour nous de la meilleure façon, par Sa grâce et Son don. - Artículo*: Yahya De Kuyper - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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DESPUÉS DE LA MUERTE

MUERTE Y VIDA DESPUÉS DE LA MUERTE (según Ibn Arabi) William Chittick * * Extracto del libro: “Mundos Imaginales”. Ed. Alquitara, Mandala Ediciones, 2003. Todas las citas de Ibn Arabi proceden de sus Futuhat Al Makkiyah (Las revelaciones de la Meca). _________ El macrocosmos, al igual que el microcosmos, es la forma de Dios. Dios se revela de acuerdo con su nombre Manifiesto, mientras que se mantiene oculto de acuerdo con su nombre No Manifiesto. Debido a la infinitud de Dios, Su auto-revelación jamás se repite. En otras palabras, el wuyud (1) revela sus cualidades en pautas y modalidades siempre cambiantes dentro del cosmos. Por tanto, las cosas del cosmos sufren una transformación constante. Tanto el macrocosmos como el microcosmos fueron creados en la forma de Dios y ambos muestran las propiedades del nombre Manifiesto. En el caso del macrocosmos, los atributos divinos se diferencian infinitamente en todas las cosas, en todos los tiempos y en todos los mundos. Esta diferenciación aparece externa y concretamente. La forma de cada cosa individual en cada momento manifiesta ciertas cualidades específicas de wuyud en exclusión de otras cualidades, y estas cualidades cambian de un momento a otro. El microcosmos se corresponde con el macrocosmos en el sentido de que todos los atributos divinos se hallan presentes en él. Pero el microcosmos se diferencia del macrocosmos en el sentido de que su unidad aparece en la forma humana externa. Las diversas cualidades divinas que se exhiben externamente en el macrocosmos aparecen en el nivel microcósmico en la diversidad de las almas humanas y en el hecho de que cada alma, en cuanto imagen divina, es una auto-revelación única de Dios. Por tanto, el macrocosmos es infinitamente diverso en su dimensión manifiesta, mientras que los microcosmos son infinitamente diversos en sus dimensiones no manifiestas. Las cosas del macrocosmos se rigen por la parcialidad y la especificidad, lo cual viene a decir que cada una es parte de un todo. Así pues, cada cosa tiene una "estación conocida". Por el contrario, cada ser humano es un todo en sí, de modo que no se le puede reducir a unos atributos específicos antes de su muerte, si es que alguna vez esto llega a ser posible. En este mundo, habitan en estaciones desconocidas y, si alcanzan la perfección, sus estaciones siguen siendo desconocidas en el otro mundo. En este mundo, este desconocimiento pertenece a los atributos internos, ya que externamente todos aparecen en cuerpos humanos. Dios en cuanto Manifiesto se revela en la infinita diversidad del macrocosmos y del microcosmos, y Su auto-revelación jamás se repite, ya sea en el tiempo o en el espacio. Pero Dios en cuanto No Manifiesto es permanente e inmutable. La Esencia de Dios no cambia, mientras que las propiedades de Sus atributos reflejan en la infinita diversidad las auto-revelaciones constantemente renovadas que conforman el cosmos. Los seres humanos son comparables a espejos de esta realidad divina. Así pues, se produce una inversión entre lo externo y lo interno. Las personas son relativamente permanentes e inalterables en sus formas externas, pero sufren una variedad de cambios indefinida, en cada momento, en el plano de sus pensamientos y su conciencia. El Sayj lo explica de la siguiente manera: El Profeta dijo: "Dios creó a Adán en Su propia forma". El ser humano sufre variaciones en su dimensión no manifiesta, mientras que permanece fijo en su dimensión manifiesta. Jamás se le añade un órgano a su dimensión manifiesta, mas no permanece en un estado único en su dimensión no manifiesta, de manera que posee tanto variación como fijeza. Mas el Verdadero es descrito como lo Manifiesto y lo No Manifiesto. Lo Manifiesto posee variación, mientras que lo No Manifiesto posee fijeza. De modo que la Realidad No Manifiesta es lo mismo que la dimensión manifiesta del ser humano y la Realidad Manifiesta es lo mismo que la dimensión no manifiesta del ser humano. En este sentido, el ser humano es como un espejo corriente: Cuando alzas tu mano derecha al contemplar tu figura en un espejo, tu figura alza su mano izquierda. Por lo tanto, tu mano derecha es su mano izquierda y tu mano izquierda es su mano derecha, De aquí, oh creatura que tu dimensión manifiesta sea la forma de Su nombre el No Manifiesto, mientras que tu dimensión no manifiesta es Su nombre el Manifiesto. (IV 135.33) Los seres humanos son espejos de Dios en este mundo, pero estas imágenes dejan de estar invertidas después de la muerte. Lo que aquí se encontraba dentro allí se encuentra fuera, y lo que aquí se encontraba fuera allí se encuentra dentro. Como dice uno de los discípulos del Sayj: "El barzaj es un mundo en que lo externo se vuelve interno y lo interno externo". Si la situación humana en este mundo es comparable a una imagen en un espejo, en el otro mundo se puede comparar con haces de luz en el aire antes de ser reflejados e invertidos. En el otro mundo la dimensión manifiesta de los seres humanos reflejará a Dios en cuanto Manifiesto, mientras que la dimensión no manifiesta coincidirá con Dios en cuanto No Manifiesto. De este modo, la realidad interna de cada individuo se mantendrá fija, mientras que la dimensión externa sufrirá constantes transformaciones y cambios. El Sayj lo explica de la siguiente manera:El Verdadero nunca cesa de revelarse a Sí Mismo en este mundo, constantemente, ante los corazones. Así, los pensamientos humanos sufren variaciones debido a la auto-revelación divina, y nadie es consciente de cómo esto sucede salvo el Pueblo de Dios. Ellos también saben que la diversidad de las formas manifiestas en este mundo y en el otro en todas las cosas existentes no es otra cosa que Su variación, pues Él es el Manifiesto, ya que es idéntico a cada cosa. En el otro mundo, la dimensión no manifiesta del ser humano será permanente, pues es idéntica a su dimensión manifiesta en este mundo, que sufre cambios continuos de manera oculta, pues ésta es su nueva creación en cada momento, respecto a la cual están confusos [50: I 5]. Mas en el otro mundo, la dimensión manifiesta del ser humano será como su dimensión no manifiesta en este mundo: La auto-revelación divina acudirá constantemente a ella como actualidad. Por lo tanto, en el otro mundo su dimensión manifiesta sufrirá variaciones, al igual que en este mundo su dimensión no manifiesta sufre variaciones en las formas adoptadas por la auto-revelación divina, de modo que se tiñe de su color. Ésta es la conformidad imaginal con Dios. Sin embargo, en el otro mundo esta conformidad será manifiesta, mientras que en este mundo no es manifiesta. De este modo, la propiedad de la imaginación acompaña al ser humano en el otro mundo, y también al Verdadero, en cuyo caso se denomina "cometido": Cada día está dedicado a un cometido [55:29]. (III 470.I6) El otro mundo es un reino veloz e inmediatamente receptivo a la actividad, al igual que, la dimensión no manifiesta de la configuración de este mundo en el plano de los pensamientos. Así, pues, en el otro mundo se invierte la configuración del ser humano, pues su dimensión no manifiesta se fija en una sola forma, al igual que aquí ocurre con su dimensión manifiesta, mientras que su dimensión manifiesta sufre una veloz transmutación en sus formas, al igual que sucede aquí con su dimensión no manifiesta. (III 332.3 I) La dimensión no manifiesta del ser humano en este mundo es la dimensión manifiesta en el otro mundo. Aquí fue invisible, pero allí se torna visible. La entidad permanece invisible en cuanto dimensión no manifiesta de estas figuras y formas. No cambia ni sufre transmutaciones, de manera que sólo hay formas y figuras que son colocadas en ella y retiradas de ella contínua y eternamente, ad infinitum, sin fin. (III 44 l. I 4) El Sayj a menudo cita un versículo coránico en el que se invoca a los habitantes del paraíso de la siguiente manera: Allí tendréis todo aquello que desean vuestras almas, todo aquello por lo que clamáis ( 4 I :3 I ). Del mismo modo se refiere a un hadiz en que el Profeta relata cómo Dios enviará una carta a los habitantes del paraíso en la que está escrito: "Del Vivo, del Eterno que nunca muere, a los vivos, a los eternos que nunca morirán: Yo digo a una cosa '¡Sé!', y es. Os concedo que podáis decirle a una cosa '¡Sé!', y la cosa sea" (III 295.16). En opinión del Sayj, tales relatos tradicionales sólo pueden entenderse en contexto de la naturaleza imaginal de la existencia paradisíaca, con relación al hecho de que el plano externo del otro mundo se corresponde con el plano mental e imaginal de éste. Por lo tanto, igual que en este mundo Dios da forma a pensamientos e imaginaciones en nuestras mentes, también dará forma a pensamientos e imaginaciones en el otro mundo. Sin embargo, en el otro mundo esto se experimentará de manera concreta y "externa" a nosotros en un plano de realidad que es mucho más intenso que el plano corpóreo. El Sayj explica estas cuestiones de la siguiente manera: En este mundo la Realidad es el lugar en el que el siervo engendra cosas en la Presencia de la Imaginación. Ningún pensamiento se le ocurre al siervo sin que Dios lo engendre dentro de la imaginación, al igual que engendra [en el mundo corpóreo] las cosas posibles que Él quiere cuando Él quiere. Pero, en la Presencia de la Imaginación, la voluntad del siervo deriva de la voluntad del Verdadero, pues el siervo no quiere nada a no ser que también lo quiera Dios. Así, en este mundo, Dios jamás desea sin que el siervo desee. Una parte de lo que quiere el siervo en este mundo ocurre en el reino sensorial. Mas en la imaginación, la influencia de su voluntad es como la del Verdadero. De este modo, Dios está con el siervo dentro de la imaginación en todo lo que el siervo quiere, al igual que Él está [con el siervo] en el otro mundo con respecto a la propiedad que rige la voluntad que todo lo abarca. El motivo de esto es que la dimensión no manifiesta del ser humano [en este mundo] es su dimensión manifiesta en el otro. Así pues, todo acaba estando en conformidad con su propia voluntad cuando es su deseo... De este modo, la Realidad sigue el deseo en el plano de la imaginación y en el otro mundo, al igual que la voluntad del siervo sigue a la voluntad de Dios. Por lo tanto, la tarea de Dios es vigilar al siervo convocando para éste todo lo que desea en este mundo en el plano de la imaginación y también [todo lo que desea] en el otro. Pero el siervo sigue a 1o Real en las formas de auto-revelación. Lo Real no se revela a Sí mismo en una forma sin que el siervo se tiña de su color. De aquí que el siervo sufre una transmutación de formas puesto que lo Real se transmuta, mientras que lo Real sufra transmutaciones al conferir el wujud, debido a la transmutación de la voluntad del siervo, específicamente dentro de la Presencia de la imaginación, en este mundo, Y de manera general, en el Jardín en el otro mundo. En otro pasaje, el Sayj expone el argumento principal del pasaje anterior de manera más clara y sucinta: “En este mundo la divina Realidad es el lugar en que engendras las cosas, pues Él sufre variaciones de acuerdo con las variaciones que sufres. Pero en el otro mundo, tú sufres variaciones de acuerdo con Sus variaciones. Por lo tanto, en este mundo, Él lleva tu forma, pero en el otro, tú llevas la forma de Él." (III 502.24 ). El hecho de que el otro mundo sea inverso a éste ayuda a explicar la función de la Sariá en este mundo, ya que no hay una Sariá que acatar en el otro mundo. Dios creó al ser humano con una configuración invertida. De este modo, su otro mundo reside en su dimensión no manifiesta, mientras que su [vivencia de] este mundo reside en su dimensión manifiesta. Su dimensión manifiesta está limitada por la forma [divina]. Así pues, Dios lo limitó al prescribir la Sariá. Al igual que no cambia la forma, tampoco cambia la prescripción. Sin embargo, en su dimensión no manifiesta, el ser humano sufre variaciones constantes. Fluctúa en sus pensamientos en las formas en que se le ocurren los pensamientos. Así es también la situación en el otro mundo. De manera que su dimensión no manifiesta en este mundo es su forma manifiesta en la configuración del otro mundo, y su dimensión manifiesta en este mundo es su dimensión no manifiesta en la configuración del otro mundo. Es por ello que Dios dice: Así como Él os creó, así retornaréis [7:29], pues el otro mundo es la inversión de la configuración de este mundo, y este mundo es la inversión de la configuración del otro mundo. Mas el ser humano [aquí] es idéntico al ser humano [allá]. Así que debéis esforzaros para que vuestros pensamientos sean dignos de alabanza, de acuerdo con la Sariá, de modo que vuestra forma en el otro mundo sea hermosa. (IV 420.1) Al llegar al Jardín, las personas determinan su situación por medio de sus propios deseos. Todo lo que imaginan se vuelve realidad. Las palabras de Dios se vuelven suyas: Lo único que le decimos a una cosa, cuando la deseamos, es ¡Sé! y es” (I 6:40): En efecto, los seres humanos construyen su propio paraíso. El Sayj a menudo cita el siguiente hadiz: "Hay un mercado en el Jardín en el que no se vende ni se compra, sólo están las formas de hombres y mujeres. Cuando una persona desea una forma, entra en ella". Desde su punto de vista, este dicho ilustra el hecho de que los habitantes del paraíso "siguen siendo llevados de una forma a otra, ad írifínítum, para que puedan llegar a conocer la inmensidad divina" (II 628.4). Por otra parte, el estado paradisíaco reviste una sutileza tal que las personas pueden existir en una forma sin que esto les impida existir en otras formas también. Entramos dentro de cualquiera de las formas del Mercado que queramos, aun cuando permanecemos dentro de nuestra propia forma, y nadie de nuestra familia ni de nuestros conocidos dejaría de reconocernos. Mas sabemos que hemos adoptado una forma recién engendrada, a la vez que permanecemos dentro de nuestra forma antigua. (II I83.22) La configuración humana en el otro mundo no es similar a la configuración de este mundo, aunque ambas coinciden en el nombre y en la forma de la persona. En la configuración del otro mundo, la realidad espiritual prevalece sobre la sensorial. Esto lo hemos degustado en la morada de este mundo, a pesar de la densidad de su configuración. De este modo, una persona puede hallarse en varios lugares a la vez, aunque las personas comunes sólo perciben esto en sueños. (1 318.26) Las personas no sólo construyen sus propios paraísos; también construyen sus propios infiernos. Dice el Sayj: "El Pueblo del Fuego no concibe un pensamiento de un castigo mayor del que ya están sufriendo sin que el castigo se vuelva realidad en su interior y para ellos; el castigo es idéntico a la actualización del pensamiento" (I 259.30). En un sentido más general, sostiene que el Fuego de hecho no es otra cosa que la corporeización de obras y pensamientos. Estas obras y estos pensamientos representan las limitaciones humanas específicas que constriñen a la forma divina e impiden que se manifieste plenamente. "El Fuego busca sólo a aquellos seres humanos cuya forma divina no se ha manifestado externa e internamente" (III 387.10). Esto ayuda a explicar por qué el Sayj afirma repetidamente que incluso el Fuego está arraigado en la misericordia, y su fin es purificar (tathir) a todos los que caen en él. La purificación de los seres humanos significa eliminar con el fuego todo lo que se opone a su fítra. En otro pasaje, Ibn Arabi explica las raíces ontológicas de la inversión que tiene lugar entre este mundo y el otro. Dios creó el cosmos para manifestarse. En otros términos, por su propia naturaleza el wujud Real origina una dimensión manifiesta que se conoce como creación o cosmos. La plena perfección del wujud no puede llegar a manifestarse en este mundo debido a las peculiares limitaciones que lo rigen. No obstante, los seres humanos, creados de acuerdo con la forma divina, gradualmente fortalecen los rasgos de carácter y las cualidades que le pertenecen a esa forma y obtienen el poder de manifestar muchos de los atributos divinos en este mundo. Pero, a fin de que la gama completa de los atributos divinos se pueda manifestar, es necesaria otra modalidad de existencia que permita que los seres humanos ejerzan control sobre la totalidad de la existencia manifiesta. Esto ocurre en el otro mundo, donde la perfección del wuyud alcanza su manifestación plena. Dios no creó la creación por causa de la creación en sí. Por el contrario, la creó como una semejanza establecida para Él: ¡Gloria a Dios, y en verdad qué alta es su exaltación! De este modo, Dios hizo existir a la creación de acuerdo con Su propia forma. Por ello la creación es tremenda, debido al diseño de Dios, pero es insignificante porque ha sido puesta en su lugar. Debe haber un conocedor y un conocido. Por lo tanto, debe haber una creación y una Realidad. El wuyud no alcanza su perfección sin ambos. La perfección del wuyud se vuelve manifiesta en este mundo. Después la situación es transferida al otro mundo de la manera más completa y con la más perfecta inclusividad en el dominio manifiesto. Al igual que el modo de manifestación en este mundo lo abarcaba todo en el dominio no manifiesto, así también lo abarca todo en el otro mundo tanto en el reino manifiesto como en el no manifiesto. De aquí que el otro mundo exija la resurrección de los cuerpos •y su manifestación, y la propiedad de engendrar cosas ha de hacerse efectiva por medio de ellos. En este mundo, cualquiera dice a una cosa "Sé" y esta se hace realidad en su conceptualización y en su imaginación pues, en algunas constituciones, la morada de esta tierra no alcanza a engendrar las entidades de las cosas en el reino manifiesto. Pero en el otro mundo, dirigirán esa palabra a cualquier cosa que deseen engendrar. [Dirán:] "¡Sé!" y la cosa se hará realidad en su propia entidad en el reino externo, al igual que las cosas engendradas llegan a existir aquí, con sus causas segundas, a partir del "¡Sé!" divino. Por lo tanto, el otro mundo es más tremendo en perfección [que este mundo] en este aspecto, puesto que la palabra "Sé" abarca las dos presencias de la imaginación y de la percepción sensorial. (N 252.2) Nota:(1) Wuyud: existencia, ser. En el contexto de la obra de Ibn Arabi es “El Ser hallado o encontrado”. * - Artículo*: noreply@blogger.com (Satyam Evo Jayate) - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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El rico legado musical que duerme entre los muros de los Monasterios « MusicaAntigua.com

Juan Carlos Asensio abrirá el ciclo de actividades “La música del Real Monasterio de Guadalupe (Cáceres)”. Este ciclo está organizado por el Instituto Extremeño de Canto y Dirección Coral y cuenta con el patrocinio principal de la Consejería de Economía e Infraestructuras de la Junta de Extremadura (Dirección General de Turismo). En el mismo colaboran activamente el Real Monasterio de Guadalupe, el INAEM, el Ayuntamiento de Guadalupe, el colectivo de microdonantes del InDiCCEx y la asociación cultural Coro Amadeus de Puebla de la Calzada. Los objetivos se centran en la valorización del rico legado musical que duerme entre los muros del monasterio y en su proyección a través de conciertos, conferencias, estudios y publicaciones. La primera actividad tendrá lugar los días 31 de octubre y 1 de noviembre en Guadalupe. La localidad acogerá así un seminario impartido por Juan Carlos Asensio titulado “Los jerónimos y el canto llano” dirigido a estudiantes de música, directores, cantores de coro y amantes del canto monódico en general. Las sesiones se impartirán en horario de mañana y tarde durante el lunes 31 y en horario de mañana el 1 de noviembre. El profesor invitado, Juan Carlos Asensio, es una de las máximas autoridades en la materia que en la actualidad es director del coro Schola Antiqua; profesor en el Real Conservatorio Superior de Música de Madrid y en la Escuela Superior de Música de Cataluña; presidente de AhisECGre; miembro del Consiglio Direttivo de la Associazione Internazionale Studi di Canto Gregoriano y presentador de Sicut luna perfecta de Radio Clásica en RNE. El domingo 27 de noviembre tendrán lugar sendas conferencias ofrecidas por Alonso Gómez Gallego, profesor en el Conservatorio Profesional Juan Vázquez de Badajoz, director de coro e investigador; Francisco Rodilla, investigador, profesor en la UEx y director del coro de dicha institución; y Miguel del Barco Gallego, organista, compositor y antiguo director del Real Conservatorio Superior de Música de Madrid. El tema a tratar será: “El patrimonio musical guadalupense. Legado y proyección”. Ese mismo día, después de las conferencias, Eduardo Paniagua y Música Antigua Ensemble ofrecerán un concierto que llevará por título “Raíces musicales de Europa. Cantigas y canciones de Al-Andalus en Extremadura”, actividad que cuenta con la colaboración del INAEM. El ciclo finalizará el 3 de diciembre con un concierto del Coro Amadeus (Premio Nacional de Canto Coral y ganador de numerosos certámenes de interpretación). El programa incluirá obras inéditas del archivo musical del monasterio. Las inscripciones para el seminario aún están abiertas. Artículos relacionados: DeMúsica Ensemble quiere rescatar música escondida entre los muros de algunos conventos La XX edición del festival de Música Antigua y Barroca... Sevilla, capital musical del XVI, revive su legado en su Festival de Música Antigua Sevilla se encerró en la eterna voluta de su última... El Legado musical del País Vasco Euskal Barrokensemble, el grupo especializado en música antigua dirigido por... - Artículo*: MusicaAntigua - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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Halloween y la nebulosa Cabeza de Fantasma | Imagen astronomía diaria - Observatorio

Halloween tiene un origen antiguo y astronómico. Desde el siglo V aC, Halloween se ha celebrado como un día de cruce de cuartos, un día a medio camino entre un equinoccio (día y noche iguales) y un solsticio (día mínimo y noche máxima en el hemisferio norte). En un calendario moderno, sin embargo, aunque Halloween tiene lugar mañana, el día de verdadero cruce de cuartos será la próxima semana. Otro día de cruce de cuartos es el día de la marmota. La celebración moderna de Halloween conserva raíces históricas en el hecho de vestirse para ahuyentar a los espíritus de los muertos. Esta fotografía de la nebulosa Cabeza de Fantasma tomada con el Telescopio Espacial Hubble quizás es un homenaje apropiado a esta antigua fiesta. Como el icono de un fantasma de ficción, NGC 2080a es en realidad una región de formación estelar que hay en la Gran Nube de Magallanes, una galaxia satélite de la Vía Láctea. La nebulosa Cabeza de Fantasma, que aquí se muestra en colores representativos, abarca unos 50 años luz. - Artículo*: Alex Dantart - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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La felicidad del asceta

AN 5,128 Samanasukha Sutta – La felicidad del asceta. Cómo se vive la vida monástica satisfactoria e insatisfactoriamente. - Artículo*: - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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sábado, 29 de octubre de 2016

MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Transpersonal

Revista MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) ★ October 29, 2016 at 07:24PM
 

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Puesta de Luna a la abadía de Whitby | Imagen astronomía diaria - Observatorio

En esta inquietante escena nocturna, la Luna de los Cazadores de octubre resplandece cerca del horizonte más allá de los arcos de la abadía de Whitby. La luz de la Luna ilumina parcialmente el suelo y los muros de la abadía benedictina en ruinas que hay sobre un acantilado de la costa de Yorkshire de Inglaterra con vistas al mar del Norte. Los fans de la novela Drácula de Bram Stoker de 1897 reconocerán la abadía y la ciudad de Whitby, el lugar de las costas inglesas donde fue a parar el conde transilvano tras naufragar. Allí, el vampiro de ficción más famoso se transformó en un perro enorme, saltó al suelo y corrió hasta el acantilado de la abadía en ruinas. La espectacular vista de ojo de pez, una panorámica de 360 grados, se creó cosiendo digitalmente 23 fotografías. - Artículo*: Alex Dantart - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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- 26/27 Novembre - Corso "Simboli della Scienza Sacra" - Mogliano Veneto

- Artículo*: zarziguli@gmail.com (Simmetria) - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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viernes, 28 de octubre de 2016

El arte de poner sonido a nuestra alma « MusicaAntigua.com

Quiero rendir un pequeño homenaje Sergio Pagán, director y presentador de Música Antigua a la carta, un espacio de Radio Clásica para adentrarnos en el fascinante mundo de aquellas músicas que maestros del pasado nos legaron desde los remotos tiempos de la Edad Media hasta bien entrado el Barroco. A través de su programa Música Antigua a la carta, Pagán pretende mostrar al oyente la inmensa riqueza de los cerca de diez siglos de música (desde el siglo VIII al XVIII) que no es muy frecuente escuchar. Como sabemos, la música de la Edad Media como la del Renacimiento y la del primer Barroco es extraordinariamente variada y atractiva y por ello los programas son muy entretenidos y diferentes uno del otro. Además, cada programa se dedica a un tema (La muerte, los pájaros, Venecia, el Amor, los madrigales..) Todo un mérito encontrar músicas referentes a esos temas y que cumplan los niveles de indiscutible calidad musical e interpretativa, condición indispensable para ser incluidas en este fantástico espacio. Sergio Pagán es la voz radiofónica de la Música Antigua, el locutor que da vida y color a este fantástico programa. Es un maestro de las buenas maneras…, una persona que hace un programa muy especial y personal, casi diría yo, de artesanía. Tiene un “estilo” muy particular, cercano…, es su “marca personal” que le sirve para poder poner sonido a nuestra alma. Es un maestro que sabe ponernos en situación gracias a su agradable tono de voz; y gracias a un apacible ritmo que le permite describir perfectamente, y con gran eficacia, todo lo relacionado con cada pieza que es emitida en su programa. Pagán nos acerca a los autores, a la épocas, a los instrumentos, a las partituras… vincula con maestría un montón de curiosidades y datos relacionados con cada obra, y todo ello aderezado con su particular voz. Una voz cálida que nos hace sentir intensamente todo lo que relata. Pagán es el maestro de ceremonias de la Música Antigua en la radio, un locutor que infunde un profundo respeto sobre todo lo que emite en su programa, con un excelente dominio sobre el material seleccionado, y con elegancia y muy buenas maneras transmite al público cercanía. Ardua tarea en esto de la música (clásica, culta, antigua…). Sergio Pagán es un gran locutor y un gran comunicador de las historias relacionadas con la Música Antigua gracias a narraciones cargadas con una gran fuerza descriptiva… La Música Antigua cuenta con un espacio que brilla con luz propia por su sencillez y su cercanía gracias a este gran Maestro. Gracias Sr. Pagán por seguir haciendo de este programa un maravilloso lugar de referencia para los que amamos la Música Antigua, con mayúsculas. Escrito por Marta (colaboradora de MúsicaAntigua.com) EL NOBLE ARTE DE LA MÚSICA “Lo que algunos maestros podían decir cumplidamente en un mes, lo reservan para el día del juicio” A lo largo de la historia, el noble arte de la música, ha ido enriqueciéndose y progresando. Todos esos conocimientos y esos nuevos recursos que la han permitido ir evolucionando han sido transmitidos por medio de la enseñanza de maestros a discípulos hasta llegar a nuestros días. La enseñanza de la música, su didáctica, la transmisión del conocimiento musical, ha existido desde sus orígenes. Hoy vamos a adentrarnos en esta didáctica de la música desde la Edad Media hasta el Barroco. Y será con obras del canto gregoriano y piezas de Diego Ortiz, Briceño, Milán, Sweelinck y Bach. Artículos relacionados: El noble arte de la música Interesante podcast del programa de RNE Música Antigua a la... El arqueólogo del sonido Ramiro Albino presenta “Guía para disfrutar más de la música... Una ocasión muy especial para disfrutar del legado musical de nuestra cultura De la mano de Emilio Villalba y Sara Marina, podrás... - Artículo*: Marta - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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El noble arte de la música « MusicaAntigua.com

Interesante podcast del programa de RNE Música Antigua a la carta, presentado y dirigido por Sergio Pagán. “Lo que algunos maestros podían decir cumplidamente en un mes, lo reservan para el día del juicio” A lo largo de la historia, el noble arte de la música, ha ido enriqueciéndose y progresando. Todos esos conocimientos y esos nuevos recursos que la han permitido ir evolucionando han sido transmitidos por medio de la enseñanza de maestros a discípulos hasta llegar a nuestros días. La enseñanza de la música, su didáctica, la transmisión del conocimiento musical, ha existido desde sus orígenes. Hoy vamos a adentrarnos en esta didáctica de la música desde la Edad Media hasta el Barroco. Y será con obras del canto gregoriano y piezas de Diego Ortiz, Briceño, Milán, Sweelinck y Bach. Guido de Arezzo (también Guido d’Arezzo en italiano, Guido Aretino, Güido Aretinus o Güido Mónaco el monje Guido) (Arezzo, Toscana 991/992 – † Avellano c.1050) fue un monje benedictino italiano, teórico musical y figura central de la música de la Edad Media junto con Hucbaldo (840 – c. 930). En su estancia en Arezzo, desarrolló nuevas técnicas de enseñanza, incluyendo el tetragrama (pauta musical de cuatro líneas), precursor del pentagrama, y la escala diatónica. Perfeccionó la escritura musical con la implementación definitiva de líneas horizontales que fijaron alturas de sonido, cercano a nuestro sistema actual y acabando con la notación neumática. Finalmente, después de ensayar varios sistemas de líneas horizontales se impuso el pentagrama griego: cinco líneas. Guido de Arezzo es también el responsable de los nombres de las notas musicales. Jan Pieterszoon Sweelinck, (Deventer, abril o mayo de 1562 – Amsterdam, 16 de octubre de 1621), fue un compositor, organista y docente de los Países Bajos. Su obra se extiende entre el fin del Renacimiento y el Barroco temprano. Es uno de los primeros grandes compositores de obras para teclado europeos, y su obra como docente ayudó a cimentar la tradición organística del Norte de Alemania. Artículos relacionados: El arte de poner sonido a nuestra alma Quiero rendir un pequeño homenaje Sergio Pagán, director y presentador... En la muy noble y leal ciudad de Sevilla Interesante programa de Música Antigua a la Carta dirigido y... En la muy noble y leal ciudad de Sevilla. 1ª Parte Audio del programa de Música Antigua a la carta dirigido... - Artículo*: MusicaAntigua - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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