Psicología

Centro MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Tradicional

Psicoterapia Clínica cognitivo-conductual (una revisión vital, herramientas para el cambio y ayuda en la toma de consciencia de los mecanismos de nuestro ego) y Tradicional (una aproximación a la Espiritualidad desde una concepción de la psicología que contempla al ser humano en su visión ternaria Tradicional: cuerpo, alma y Espíritu).

“La psicología tradicional y sagrada da por establecido que la vida es un medio hacia un fin más allá de sí misma, no que haya de ser vivida a toda costa. La psicología tradicional no se basa en la observación; es una ciencia de la experiencia subjetiva. Su verdad no es del tipo susceptible de demostración estadística; es una verdad que solo puede ser verificada por el contemplativo experto. En otras palabras, su verdad solo puede ser verificada por aquellos que adoptan el procedimiento prescrito por sus proponedores, y que se llama una ‘Vía’.” (Ananda K Coomaraswamy)

La Psicoterapia es un proceso de superación que, a través de la observación, análisis, control y transformación del pensamiento y modificación de hábitos de conducta te ayudará a vencer:

Depresión / Melancolía
Neurosis - Estrés
Ansiedad / Angustia
Miedos / Fobias
Adicciones / Dependencias (Drogas, Juego, Sexo...)
Obsesiones Problemas Familiares y de Pareja e Hijos
Trastornos de Personalidad...

La Psicología no trata únicamente patologías. ¿Qué sentido tiene mi vida?: el Autoconocimiento, el desarrollo interior es una necesidad de interés creciente en una sociedad de prisas, consumo compulsivo, incertidumbre, soledad y vacío. Conocerte a Ti mismo como clave para encontrar la verdadera felicidad.

Estudio de las estructuras subyacentes de Personalidad
Técnicas de Relajación
Visualización Creativa
Concentración
Cambio de Hábitos
Desbloqueo Emocional
Exploración de la Consciencia

Desde la Psicología Cognitivo-Conductual hasta la Psicología Tradicional, adaptándonos a la naturaleza, necesidades y condiciones de nuestros pacientes desde 1992.

martes, 28 de noviembre de 2017

Tullio Masera, «Medice cura te ipsum » - I - Considerazioni sulla medicina

Tullio Masera «Medice cura te ipsum » - I – Considerazioni sulla medicina Rivista di Studi Tradizionali n° 4 In un recente numero di una nota rivista medica 1 veniva riferito che all’Accademia Militare Kirov di Leningrado era stata impiegata l’agopuntura cinese in casi di nevralgie trigeminali ed altre affezioni del cavo orale: i risultati ottenuti erano stati decisamente superiori ad ogni aspettativa ed in ogni caso molto migliori di quelli che si sarebbero avuti con l’uso delle comuni terapie. La notizia non avrebbe di per se stessa grande risalto, abituati come siamo all’introduzione di sempre nuove terapie (che talvolta di nuovo non hanno che il nome) e dei relativi più o meno buoni risultati, se non fosse che, nella fattispecie, non si tratta di un qualsiasi ritrovato della scienza moderna, ma dell’applicazione di una vera “scienza”, nel senso tradizionale della parola, cioè di una scienza, e non è questa la sua sola caratteristica, le cui origini e i cui metodi si perdono nella notte dei tempi. Non a caso abbiamo detto che talvolta nuove terapie non sono altro che riedizioni di cose assai antiche ed è per esempio a tutti noto che la chirurgia cranica era ben conosciuta e praticata nell’Egitto faraonico (per tacere di altri popoli) o che, fin dall’antichità, in molti paesi veniva comunemente eseguita con successo l’operazione della cataratta. Meno note, al di fuori degli ambienti specialistici, altre nozioni, quali per esempio che la Rauwolfia serpentina, medicamento che attualmente va per la maggiore nella terapia dell’ipertensione essenziale, è da secoli usata in India per la medesima affezione; che nella stessa India, già molto prima dell’era cristiana, la chirurgia estetica consentiva interventi di plastica facciale col metodo dell’auto-innesto, di tecnica impeccabile; che, sempre in epoca pre-cristiana, era conosciuta e applicata in Cina la vaccinazione antivaiolosa. Esempi del genere potrebbero essere moltiplicati se, in conformità con l’apologia che la scienza moderna fa di se stessa, non si tendesse a minimizzare, se non a disconoscere o a nascondere, quanto dei suoi procedimenti era già noto nell’antichità; per cui queste notizie, assai poco diffuse nello stesso ambiente medico, sono di difficile rilievo anche nelle opere di storia della medicina. Parrebbe che ciò facesse parte di un piano preordinato per far passare gli antichi per degli idioti che per millenni avrebbero vegetato applicando nelle scienze in generale, e nella medicina in particolare, metodi poco dissimili dalla ciarlataneria, edin epoche più vicine a noi. dall’empirismo più banale. La figura del medico del 700-800. di goldoniana memoria, armato solo della lancetta per il salasso e del recipiente per l’enteroclisma, è fin troppo vicina e parlante nei nostri ricordi letterari perché possa temere smentite. Per cui, in linea con le teorie del tutto recenti sull’evoluzione e sul progresso, che fanno ormai parte definitiva del patrimonio culturale delle masse anche se assolutamente gratuite, quella stessa figura, con in più naturalmente qualche elemento peggiorativo, è quella che si presenta automaticamente alla mente di chiunque pensi ad un medico dell’antichità, secondo un riflesso che l’ignoranza e l’assoluta mancanza di autocritica hanno grandemente contribuito a condizionare. Che effettivamente il periodo che abbiamo citato abbia potuto rappresentare una fase di trapasso in cui si è sviluppata la medicina moderna (che peraltro era tutt’altro che sconosciuta in precedenza) non significa che quest’ultima sia la sola vera “medicina”, ma soltanto una medicina, che date le attuali condizioni ambientali che sono obbiettivamente diverse da altre precedenti, ha maggiori probabilità di riuscita. Infatti, in conformità con le dottrine tradizionali sui cicli cosmici, che parlano di un progressivo scadimento dell’umanità da un periodo di perfezione iniziale, verso uno stadio di sempre maggior materializzazione, la medicina, come ora la conosciamo, si indirizza all’ultimo e più basso componente dell’individualità umana, cioè all’elemento corporeo di questa. D’altra parte il più elementare buon senso dovrebbe essere sufficiente a domandarsi per quale ragione si sarebbe mantenuta per dei millenni la figura anacronistica di un medico imbelle e parassita completamente disarmato contro la malattia. La realtà è un’altra: per tutto un periodo di lunghezza indeterminabile nel ciclo cosmico della nostra umanità, la teoria e la pratica medica sono state indirizzate ad un altro elemento dell’individualità e precisamente all’elemento psichico o meglio “sottile” 2, che di questa individualità costituisce parte integrante, ed anzi con la parte somatica o corporea contribuisce a costituire l’individualità umana integrale, la cui estensione è indefinitamente più vasta di quello che le attuali concezioni scientifiche possano supporre. Naturalmente l’individualità umana non avrebbe in se stessa la sua ragione sufficiente senza la presenza di un terzo elemento di ordine spirituale (senza riferimenti di sorta alle terminologie spiritiche, teosofiche. metapsichiche o similari) trascendente rispetto all’individuo, che rappresenta il suo legame con il Principio 3. Secondo la cosmologia tradizionale (vedere per es. le dottrine indù o taoiste). e con una schematizzazione che da parte nostra sarebbe senz’altro abusiva se non si trattasse di dare nel breve spazio di un articolo qualche cenno su argomenti di enorme complessità, la componente spirituale è produttiva, non prodotta, della componente sottile, la quale a sua volta produce la componente materiale che come tappa finale del processo è soltanto prodotta. È evidente che un’azione che possa esplicarsiad un punto qualunque di questa concatenazione causale è in grado di produrre degli effetti da quel punto a livelli inferiori e che quindi, per l’analogia del punto di vista macrocosmico con quello microcosmico, diversi possono essere i livelli d’attacco, per es. della medicina, anche se chiamarla in questo modo, da un certo livello in su, sarebbe senz’altro un’estensione arbitraria. Ed è pure evidente che, anche se si sono avute nel passato, e ne abbiamo dato degli esempi, delle ottime applicazioni mediche in campo puramente materiale, stante che gli effetti sono sinteticamente contenuti nelle cause, la conoscenza vera dell’individualità integrale consentiva un discernimento di mezzi d’azione possibili che non sono minimamente confrontabili con i vincoli di un indirizzo unilaterale anche se spinto alle estreme conseguenze. Infatti dalla comprensione anche solo teorica di che cosa significhi la padronanza effettiva del dominio sottile dell’individualità umana, padronanza che, se totale, rappresenta la condizione edenica dell’uomo dell’inizio di questo ciclo umano (con tutte le caratteristiche che le sono inerenti ivi compresa l’abolizione delle limitazioni spaziale e temporale), e dalla comprensione che questa condizione è un punto di partenza nella discesa ciclica ed una tappa nel corso della realizzazione spirituale (di cui rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente, essendo ancora ben al di qua del dominio spirituale vero e proprio), si può cominciare a intravedere, sia pure in un campo specifico e limitato quale quello medico, cosa potessero rappresentare quelle suddivisioni che nei volumi di storia della medicina vengono liquidate frettolosamente ed in modo spregiativo sotto i titoli di medicina sacerdotale e medicina magica. Nel primo caso, che si riferisce a tempi molto remoti, si trattava evidentemente di un’applicazione terapeutica frutto secondario di un’effettiva realizzazione spirituale, quindi collaterale ad una mediazione tra il dominio dei principî metafisici ed il piano umano; nel secondo, in tempi meno lontani, dell’uso dei metodi che erano il riflesso di questa conoscenza sul piano umano, secondo i procedimenti della magia che originariamente era una scienza tradizionale obbediente a leggi ben precise anche se diverse da quelle della fisica comune. In ogni modo il piano sottile, le cui ripercussioni sul piano somatico sono evidenti, ha sempre giocato un ruolo fondamentale nella medicina antica, stante la sua funzione di tramite di un’azione teurgica nel primo caso, o di punto di applicazione di una scienza tradizionale nel secondo. Quanto ai moderni, da qualche tempo essi hanno cominciato a parlare di medicina psicosomatica, credendo di averla inventata, da quando cioè hanno constatato l’importanza che certi stati psichici quali l’angoscia, la tensione. la depressione ecc. possono avere nel determinismo di affezioni tipo l’ulcera gastroduodenale, l’infarto, o l’impotenza sessuale, per non citare che le più note. Soltanto che, per deficienza teorica (essi non hanno alcuna nozione dell’esistenza e dell’estensione del piano sottile, per tacere di tutto ciò che lo supera) e quindi per inadeguatezza metodologica (essi credono di poter applicare le stesse leggi della fisica e della normale esperienza scientifica ad un campo che ne è del tutto estraneo), i loro tentativi sono destinati in partenza al fallimento, o per lo meno a dei risultati del tutto incostanti e frammentari. Eppure è proprio attualmente che essi ne avrebbero più bisogno, quando si consideri come sia cambiata la patologia, e quale pauroso aumento abbia preso nelle statistiche di morbilità il fenomeno nevrosi, che solo di rado resta limitato alla disfunzione, ma più spesso sconfina nel campo della psicopatologia o della patologia organica. Anche troppo facile e ovvio è rapportare queste affezioni ai molteplici stressche la vita moderna quotidianamente ammannisce e che noi vorremmo piuttosto attribuire, almeno in parte, alla dissennata e affannosa ricerca di un qualche cosa che sostituisca quei valori, ora quasi ovunque perduti, che nelle civiltà tradizionali sono stati per millenni alla base della stabilità, della gerarchia, e dell’ordine sia esteriore che inferiore. Ma non è soltanto il campo delle nevrosi che si è andato smisuratamente allargando da un po’ di tempo in qua, c’è anche tutto il dominio delle malattie a carattere degenerativo (tumori a carico di vari organi, arteriosclerosi in senso lato, mesenchimopatie, ecc.) che hanno validamente sostituito, nelle statistiche della mortalità generale, il posto che una volta veniva tenuto dalle malattie infettive. La vittoria sulle epidemie, come pure l’aver ridotto a cifre irrisorie la mortalità infantile 4,vengono di solito vantati come risultati senza precedenti dalla medicina moderna, e non è detto che non lo siano sotto certi punti di vista, ma se si vogliono vedere le cose da un altro lato, per esempio da quello dell’economia della specie, è evidente che il risultato è del tutto negativo in quanto si consente la sopravvivenza di individui tarati o comunque più deboli, la cui progenie ripeterà in peggio i difetti dei genitori. Non a caso il biologo francese Rostand parla di un progressivo peggioramento del patrimonio genico 5 che è stato constatato in questi ultimi anni, al cui determinismo l’uso sconsiderato dell’energia atomica sembra pure aver portato un contributo massiccio. Non è che il parere dell’illustre biologo in particolare ci importi gran che, così come le opinioni della scienza in generale, le cui contraddizioni continue dovrebbero attirarsi il ridicolo da parte di gente un po’ meno sprovveduta dei moderni. Nella nostra breve esistenza, e non fosse che nel campo limitato della biologia, abbiamo visto le ipotesi più varie, di volta in volta vantate come “definitive”, affermarsi e venire poi smentite da altre, tanto “definitive” in apparenza quanto provvisorie in realtà. Per cui, ma non soltanto per questa ragione, in caso di contraddizione fra i dati delle scienze moderne e quelli delle dottrine tradizionali sappiamo bene a che cosa attenerci. Infatti la progressiva materializzazione o solidificazione, che in definitiva non è che una perdita dell’elemento qualitativo a tutto vantaggio di quello quantitativo 6, non riguarda soltanto l’uomo, ma tutto l’ambiente che lo circonda. Anche i mezzi terapeutici pertanto soggiacciono a questa nemesi: chi per esempio all’inizio della terapia penicillinica avrebbe speso quattro soldi per difendere i sulfamidici nella loro formula di allora, che pure, al momento della loro introduzione in terapia, erano in grado di debellare le più varie affezioni, dalla polmonite all’endocardite lenta, dalle ferite settiche alla gonorrea? E quale medico si sentirebbe oggi di difendere la penicillina stessa che al suo apparire sembrava essere il toccasana per una quantità di mali, ivi compreso l’antico spauracchio, la sifilide? La penicillina è ormai un’arma quasi spuntata e via via si spuntano le altre armi (leggi antibiotici) che le industrie farmaceutiche si affannano a forgiare nella speranza di trovare quella per cui non si formi nel giro di pochi anni la famigerata resistenza batterica, che per noi non è altro che l’espressione tangibile di una solidificazione ambientale che continua a frustrare i nostri tentativi di sfuggire alla malattia e alla morte. Abbiamo segnalato più indietro che anche la patologia è cambiata e che alla vittoria sulle malattie infettive ha fatto riscontro l’accentuazione di quelle a carattere degenerativo contro le quali siamo praticamentedisarmati; a questo punto ci sembra di sentire miriadi di voci levarsi in difesa della moderna scienza medica «… i cui progressi presto o tardi avranno ragione di quest’ultimo baluardo della malattia…»: e se fosse? Forse che non possiamo attenderci un altro cambiamento della patologia? Forse che Chi arbitra la vita e la morte degli uomini si ritirerà sconfitto di fronte allo strapotere della medicina moderna? Forse che in qualche modo potremo eliminare per qualcuno il “momento della verità”? Evidentemente no, perché, se pure è possibile che la scienza medica arrivi a scoprire i rimedi per queste malattie o per altre che le avessero sostituite, come, in un campo più vasto, che si giunga a dei risultati tecnici mai visti prima, a cui dovrà logicamente fare riscontro la povertà spirituale più completa 7, questa apparente vittoria della materia sullo spirito, che nei libri sacri è simbolicamente descritta nella figura dell’Anticristo che alla fine dei tempi risusciterà i morti, non sarà che momentanea, non essendo che il preludio del ristabilimento di un nuovo ordine in cui le cose riprenderanno il loro valore normale, e dell’inizio di un nuovo ciclo umano. In ogni caso l’alternanza di successi terapeutici e di modificazioni patogene che dopo un certo tempo finiscono per annullarli, rende del tutto verosimile l’ipotesi che la medicina galenica, o la scuola Salernitana, o altre correnti medico-terapeutiche relativamente vicine a noi nel tempo, abbiano effettivamente registrato ad un certo momento dei risultati reali e tangibili come ne testimonia la fama, risultati che gradualmente sono andati scemando col passare del tempo, in modo non dissimile da quanto, in epoca contemporanea, abbiamo visto succedere per certi medicamenti. Questo per quanto riguarda la pratica; circa la teoria invece le loro tesi anatomiche o fisiopatologiche cui va l’irrisione dei moderni e che anche per dei secoli hanno tenuto il campo prima dell’odierna medicina su base materialistico-induttiva (fatte le dovute riserve per ciò che può essere dovuto ad improvvisazione ciarlatanesca e per tutto quanto può essere considerato un’anticipazione della medicina moderna con minori possibilità di indagine), non devono essere viste come il frutto di un pensiero teorico avulso dalla realtà delle cose, ma bensì spesso come il residuo di dottrine non più comprese ed abusivamente trasposte in chiave materialistica, o di elementi simbolici che con l’anatomia e la fisiologia, almeno come sono concepite attualmente, hanno ben pochi punti di contatto. A quest’ultimo proposito, e riferendoci a quanto abbiamo detto circa la medicina sacerdotale e la medicina magica, il simbolismo, in quest’ultima come in ogni altra scienza tradizionale, è l’unica forma atta a suggerire certe verità, diversamente inesprimibili, la cui conoscenza effettiva, oltre a dei risultati di tutt’altro ordine per quanto riguarda la realizzazione dell’essere, poteva darne in più altri accessori tra cui, per esempio, la padronanza reale dei mezzi di guarigione. Sotto questo aspetto, una scienza tradizionale, che è tale proprio perché risulta dall’applicazione contingente dei principî assoluti che reggono la realtà a tutti i livelli, e che è quindi esclusivamente deduttiva, contenendo nella sua essenza il germe di tutti gli sviluppi che variazioni ambientali possono rendere necessari, o è impiegata da individualità la cui conoscenza va ben oltre il piano razionale, spaziando nel dominio della metafisica pura (alla quale sola d’altronde si può applicare il concetto di Conoscenza), o da altri, che, sotto il controllo dei primi, ne applicano la lettera in attesa di conoscerne lo spirito. Nel primo caso che è quello per esempio della medicina sacerdotale, le eventuali variazioni che si rendessero necessarie vengono effettuate con piena coscienza di causa. Nel secondo caso, che riguarda per esempio la medicina magica, non c’è altra possibilità che l’applicazione la più fedele possibile della metodica appresa; ché qualsiasi modificazione apportata per desiderio di aderenza ai dati dell’esperienza sensibile, apparentemente più reali, ma di fatto del tutto fallaci rispetto ad un altro genere di coscienza, rischia di compromettere ogni possibilità applicativa. Si spiega in questo modo che quando per ragioni cicliche vengono a far difetto le persone qualificate, per cui si siano, per così dire, tagliati i ponti con i principî, e quindi il controllo della tradizione sia diventato inefficiente, tutte le modificazioni e tutte le interpolazioni sono rese possibili fino ad arrivare alla sovversione completa; ne deriva che l’incomprensione prima sminuisce, e poi fa diventare lettera morta ciò che prima era vivo e vitale, come le scienze tradizionali, e nella fattispecie la medicina, sui cui residui si applica con successo la critica razionale più deteriore. Così è avvenuto in Occidente già fin dall’antichità cosiddetta classica e con la sola eccezione del periodo medioevale; in Oriente invece gli eventi si sono svolti in modo piuttosto diverso dato che la tradizione vi è rimasta viva e vitale ancora per molti secoli e lo è tuttora, anche se meno evidente, a dispetto degli sforzi demolitori della cosiddetta “civiltà” occidentale. (continua) 1 Rassegna Medica e Culturale «Lepetit», XXXXIX, N. 3, 1962, pag. 12. 2 Preferiamo attenerci a quest’ultima nomenclatura per non ingenerare confusioni col campo proprio alle psicologie moderne la cui estensione è senza paragone inferiore e limitata. Non siamo d’altronde i primi ad usare in questo senso la parola di cui sopra. 3 Questa divisione tripartitica che corrisponde al corpus, anima, spiritus della scolastica ed è fondamentale nelle dottrine tradizionali (cfr. anche jism, nafs, rûh del sufismo islamico), ha tenuto campo anche in Occidente fintantoché la generale incomprensione e limitazione intellettuale non condusse con Cartesio alla divisione bibartitica di materia e spirito in cui la prima soltanto poteva essere oggetto di prova. Questo modo di vedere le cose, oltre a costituire la prima barriera teorica contro la possibilità della conoscenza vera, divenne, nel corso dei secoli, una delle cause delle aberrazioni che attualmente hanno corso col nome generico di “neo-spiritualismo”. 4 A quest’ultimo fattore si deve essenzialmente il tanto sbandierato allungamento della vita media che di fatto è un allungamento del tutto apparente. 5 Come è noto i geni sono macromolecole proteiche costituenti i cromosomi portatori dei caratteri ereditari. 6 Questo ci dà ragione delle idee di Rostand espresse più indietro, come per esempio, dell’incredibile aumento della popolazione della terra nell’ultimo secolo. 7 Secondo le dottrine tradizionali fra la componente spirituale e quella materiale, o meglio fra essenza e sostanza, esiste nel manifestato come una proporzionalità inversa (si accetti il paragone matematico come una analogia, stante l’impossibilità di stabilire dei rapporti matematici tra entità che non hanno fra di loro nessuna comune misura), per cui la discesa della manifestazione verso il suo polo sostanziale non può andare oltre un certo limite, al di là del quale la sua stessa esistenza diventa impossibile stante la necessità che entrambe le componenti vi siano rappresentate. ScienzaSacra - Artículo*: Pietro - Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL Psicología Clínica y Transpersonal Tradicional (Pneumatología) en Mijas y Fuengirola, MIJAS NATURAL *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí enlazados
 

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