Psicología

Centro MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Tradicional

Psicoterapia Clínica cognitivo-conductual (una revisión vital, herramientas para el cambio y ayuda en la toma de consciencia de los mecanismos de nuestro ego) y Tradicional (una aproximación a la Espiritualidad desde una concepción de la psicología que contempla al ser humano en su visión ternaria Tradicional: cuerpo, alma y Espíritu).

“La psicología tradicional y sagrada da por establecido que la vida es un medio hacia un fin más allá de sí misma, no que haya de ser vivida a toda costa. La psicología tradicional no se basa en la observación; es una ciencia de la experiencia subjetiva. Su verdad no es del tipo susceptible de demostración estadística; es una verdad que solo puede ser verificada por el contemplativo experto. En otras palabras, su verdad solo puede ser verificada por aquellos que adoptan el procedimiento prescrito por sus proponedores, y que se llama una ‘Vía’.” (Ananda K Coomaraswamy)

La Psicoterapia es un proceso de superación que, a través de la observación, análisis, control y transformación del pensamiento y modificación de hábitos de conducta te ayudará a vencer:

Depresión / Melancolía
Neurosis - Estrés
Ansiedad / Angustia
Miedos / Fobias
Adicciones / Dependencias (Drogas, Juego, Sexo...)
Obsesiones Problemas Familiares y de Pareja e Hijos
Trastornos de Personalidad...

La Psicología no trata únicamente patologías. ¿Qué sentido tiene mi vida?: el Autoconocimiento, el desarrollo interior es una necesidad de interés creciente en una sociedad de prisas, consumo compulsivo, incertidumbre, soledad y vacío. Conocerte a Ti mismo como clave para encontrar la verdadera felicidad.

Estudio de las estructuras subyacentes de Personalidad
Técnicas de Relajación
Visualización Creativa
Concentración
Cambio de Hábitos
Desbloqueo Emocional
Exploración de la Consciencia

Desde la Psicología Cognitivo-Conductual hasta la Psicología Tradicional, adaptándonos a la naturaleza, necesidades y condiciones de nuestros pacientes desde 1992.

martes, 23 de noviembre de 2021

Miraggio amazzonico

Vite parallele nella storia dell’esplorazione dell’Amazzonia: dai conquistadores al colonnello Fawcett, passando per il cinema di Werner Herzog con Klaus Kinski. di Marco Maculotti Copertina: Fitzcarraldo (1982) «Racconta un’antica leggenda india che all’interno della foresta, lungo il Rio delle Amazzoni, abita da tempi immemorabili il Curupira, uno strano genio, nano un po’ deforme e con i piedi a rovescio, che è il nume tutelare dell’immenso universo verde e l’autore di strani sortilegi. Può capitare infatti che, inoltrandosi nella foresta, all’improvviso tutto si confonda nel labirinto della vegetazione: dovunque alberi, muraglie vegetali, fantasmi evocati dai riflessi della luce e il ricomporsi continuo di nuovi arabeschi nel regno della metamorfosi perenne. La maledizione del Curupira, a questo punto, non perdona». Quello che Ernesto De Martino definì il «rischio esistenziale magico» in Amazzonia non vale solo per l’indio — si pensi alle numerose escatologie della «Terra Senza Male» che presero piede in Iberoamerica attraverso i secoli —, ma anche e soprattutto per il conquistador e l’esploratore bianco: la giungla, come sottolinea Silvano Peloso, rischia di annientarlo proprio perché risveglia la possibilità, prima negata, di sperimentare concretamente il limite fra cosmo e caos […]. Il potere di seduzione e morte della foresta è tutto qui: nella possibilità di regressione a un’età dell’oro il cui avvento significherebbe il crollo del mondo costituito e il rischio del caos senza riscatto […] la corsa disperata a un richiamo che è dentro di noi, prima che fuori, fino alla dissoluzione e alla morte. Una stima esaustiva di coloni ed esploratori europei che, a partire dal XVI secolo, si sono avventurati nell’Inferno Verde e ne sono stati assorbiti per non fare mai più ritorno è probabilmente impossibile da stilare: troppo poche sono le testimonianze scritte attraverso i secoli, nonostante qualche cronaca ci sia giunta, a partire da quelle dei conquistadores. Eppure furono molteplici le spedizioni spagnole e portoghesi che tentarono di penetrarne i segreti. La razionalità dei coloni era obnubilata da racconti mitici degli indios che descrivevano città dorate edificate da civiltà scomparse tutt’ora esistenti nell’intrico della giungla, inabissatesi a causa di un terremoto o di un’inondazione: una sorta di versione sudamericana della Shangri-La, o per meglio dire della Shamballah, indo-tibetana. Scena iniziale di Aguirre (1973) Certo è che Lope de Aguirre — come egregiamente evidenziato dall’interpretazione di Klaus Kinski nel film di Werner Herzog Aguirre (1973) — fu una delle prime vittime di questo miraggio amazzonico: come scrive Peluso, Aguirre vive di questa illusione invincibile: l’Eldorado non è per lui solo la seduzione della ricchezza, è un sogno antico, che si risveglia nelle profondità ancestrali della coscienza, riversando il suo incontrollato magma su uomini e cose. Ne esce meglio un altro personaggio del cinema herzogiano, anch’esso impersonato — altrettanto divinamente — da Kinski: Fitzcarraldo (1982), lui pure, come Aguirre, folgorato da un miraggio apparentemente impossibile — nel suo caso, la costruzione di un grande Teatro dell’Opera a Iquitos, villaggio amazzonico isolato dal resto del mondo, per farvi esibire i più grandi nomi della lirica — da raggiungere con mezzi se possibile ancora più paradossali: facendo passare la propria nave al di sopra di una montagna, nel punto in cui due fiumi quasi si toccano. Un’impresa che interessò, oltre che il protagonista del film (Herzog si ispira alla biografia di Carlos Fermin Fitzcarrald, vissuto tra il 1862 e il 1897 e diventato famoso come il barone della gomma) e il suo equipaggio nella finzione scenica, il regista e gli attori stessi, che con l’aiuto delle popolazioni native riuscirono incredibilmente nella loro impresa. Il miracolo di Fitzcarraldo si fonde così con quello di Herzog: cade del tutto il confine tra cinema e metacinema, tra finzione cinematografica e realtà. Il colonnello Percy Harrison Fawcett, scomparso in Amazzonia nel 1925 Rimane tutt’oggi un mistero la fine di uno dei personaggi più iconici che si avventurò a più riprese nella selva amazzonica, rincorrendo il proprio personale miraggio amazzonico: stiamo parlando del colonnello britannico Percy H. Fawcett, che scomparve nella giungla brasiliana durante la spedizione del 1925, compiuta insieme al primogenito Jack. Alle sue gesta è dedicato un film del 2016 diretto da James Grey intitolato The Lost City of Z (it.: Z — civiltà perduta). Gli interessi di Fawcett andavano ben oltre quelli meramente economici e mercatilisti del colonialismo britannico, che in quel periodo si voleva assicurare, per mezzo delle esplorazioni finanziate della Royal Geographical Society, il monopolio del mercato del caucciù: il colonnello, dedito a studi occulti e vicino agli ambienti teosofici, era in possesso di informazioni segrete riguardanti l’esistenza di una mitica civiltà perduta nel Mato Grosso, che egli denominò “Z”, in quanto la sua scoperta avrebbe tolto il velo sugli ultimi misteri della storia dell’umanità. Già in una missiva inviata durante la spedizione del 1921 Fawcett rivelò di aver visto personalmente masse di rovine antichissime i cui muri gli suggerirono l’idea di una funzione difensiva nei confronti di una supposta inondazione proveniente dall’Atlantico. Fawcett, sulla spinta degli insegnamenti della Dottrina segreta di Madame Blavatsky, era convinto di trovarsi al cospetto degli ultimi avamposti atlantidei, a suo parere edificati dai cosiddetti Dèi Bianchi dei miti amerindi: Quetzalcoatl, Viracocha, ecc. Suggestioni che non mancarono di suscitare, nei decenni seguenti, l’interesse di altri esploratori, come il giornalista tedesco Karl Brugger il quale raccolse da Tatunca Nara, sovrano e principe del popolo degli Ugha Mongulala, un racconto che sembra confermare molte delle intuizioni e delle informazioni riservate in possesso di Fawcett. Tuttavia egli, quando venne il momento di avvicinarsi a “Z”, pessimista riguardo le sue possibilità di sopravvivenza, preferì tornare indietro e affidare ai suoi lettori il giudizio definitivo sulla veridicità della narrazione. Così Brugger sopravvisse al suo miraggio amazzonico: ma non poté fare nulla quando, nel 1984, pochi anni dopo la pubblicazione del suo resoconto, venne freddato sulla spiaggia di Ipanema a Rio de Janeiro. Né il nome del suo uccisore né la motivazione di tale esecuzione furono mai scoperti. Artículo*: Marco Maculotti Más info en psico@mijasnatural.com / 607725547 MENADEL (Frasco Martín) Psicología Clínica y Tradicional en Mijas Pueblo (MIJAS NATURAL) *No suscribimos necesariamente las opiniones o artículos aquí compartidos. No todo es lo que parece.
Vite parallele nella storia dell’esplorazione dell’Amazzonia: dai conquistadores al colonnello Fawcett, passando per il cinema di Werner Herzog con Klaus Kinski.

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