Psicología

Centro MENADEL PSICOLOGÍA Clínica y Tradicional

Psicoterapia Clínica cognitivo-conductual (una revisión vital, herramientas para el cambio y ayuda en la toma de consciencia de los mecanismos de nuestro ego) y Tradicional (una aproximación a la Espiritualidad desde una concepción de la psicología que contempla al ser humano en su visión ternaria Tradicional: cuerpo, alma y Espíritu).

“La psicología tradicional y sagrada da por establecido que la vida es un medio hacia un fin más allá de sí misma, no que haya de ser vivida a toda costa. La psicología tradicional no se basa en la observación; es una ciencia de la experiencia subjetiva. Su verdad no es del tipo susceptible de demostración estadística; es una verdad que solo puede ser verificada por el contemplativo experto. En otras palabras, su verdad solo puede ser verificada por aquellos que adoptan el procedimiento prescrito por sus proponedores, y que se llama una ‘Vía’.” (Ananda K Coomaraswamy)

La Psicoterapia es un proceso de superación que, a través de la observación, análisis, control y transformación del pensamiento y modificación de hábitos de conducta te ayudará a vencer:

Depresión / Melancolía
Neurosis - Estrés
Ansiedad / Angustia
Miedos / Fobias
Adicciones / Dependencias (Drogas, Juego, Sexo...)
Obsesiones Problemas Familiares y de Pareja e Hijos
Trastornos de Personalidad...

La Psicología no trata únicamente patologías. ¿Qué sentido tiene mi vida?: el Autoconocimiento, el desarrollo interior es una necesidad de interés creciente en una sociedad de prisas, consumo compulsivo, incertidumbre, soledad y vacío. Conocerte a Ti mismo como clave para encontrar la verdadera felicidad.

Estudio de las estructuras subyacentes de Personalidad
Técnicas de Relajación
Visualización Creativa
Concentración
Cambio de Hábitos
Desbloqueo Emocional
Exploración de la Consciencia

Desde la Psicología Cognitivo-Conductual hasta la Psicología Tradicional, adaptándonos a la naturaleza, necesidades y condiciones de nuestros pacientes desde 1992.

sábado, 15 de marzo de 2025

Storditi dal progresso


Storditi dal progresso

Una delle eredità più nefaste del secolo dei “lumi” e del razionalismo settecentesco è consistita nell’idea del progresso che si è venuta ad affermare, imponendosi come unica prospettiva storica (“la marcia progressiva dello spirito umano”); il quale progresso, secondo questa visione, consisterebbe in un miglioramento continuo, in uno sviluppo e in un passaggio dal meno al più, dall’inferiore al superiore; non solo dal punto di vista economico scientifico e materiale, che ci potrebbe anche stare (pur se in forma del tutto relativa e marginale), ma anche da quello morale e spirituale, di gran lunga più importanti e decisivi per giudicare il livello qualitativo di una civiltà. Un simile pregiudizio comporta, di riflesso, la negazione del passato, condannandone ogni aspetto in quanto retrivo e superato; gettando così, secondo metafora, il bambino con l’acqua sporca.

La cultura della cancellazione era già contenuta in nuce in tali false premesse, e quindi non può che risultare, a sua volta, altrettanto falsa e infondata. Perché, come insegnano tutti i testi tradizionali e tutti i miti e le leggende dell’Origine, non di un progresso bisogna parlare per la storia dell’umanità, quanto piuttosto di una caduta, di una discesa e di un continuo abbassamento di livello delle condizioni generali d’esistenza. Il magico ed il miracoloso che affiorano continuamente nei miti e nelle fiabe che rimandano ad un remoto passato, piuttosto che un residuo superstizioso sono la dimostrazione più immediata dell’impoverimento subito dall’attuale mondo meccanico materiale e grossolano; dove l’uomo si ritrova debole e indifeso, essendogli state recise le radici e sottratti i doni del passato, lasciandolo in balia di una suggestione sentimentale, che finisce per abbandonarlo al medesimo miraggio di ipotetici trionfi e successi futuri del più illuso di tutti gli esseri, cioè Satana.

L’allontanamento dall’Origine e il progressivo abbandono dello sforzo spirituale che veniva richiesto all’uomo della tradizione, ha ridotto le civiltà alla cura della sola esistenza materiale, sostituendo alla verticalità dello spirito l’orizzontalità della psiche. Ma le forze psichiche, che pur avrebbero un loro ruolo positivo, svolgendo un’utile funzione in una società rettamente orientata (si pensi alla “corazza protettiva” che producono migliaia di fedeli riuniti in preghiera), una volta separate dalla dimensione ordinatrice dall’alto, e mutilate dell’influenza spirituale che permetteva di accumulare forza ed energie attraverso la disciplina tradizionale, finiscono per esaurirsi, al punto che, per “tenere le posizioni” e garantire i “servizi” minimi ed essenziali, bisogna che la civiltà soggetta a tale impoverimento abbassi il proprio livello, accontentandosi di raccogliere quel poco che ancora sopravvive; rischiando però in questa sua discesa di venire a contatto con dimensioni inferiori e tenebrose, che possono condurre ad una vera e propria deriva infernale.

E un tale processo offre spunti interessanti, che andrebbero analizzati più approfonditamente, per quanto riguarda il mondo di oggi, col suo crescente indirizzarsi e volgersi verso forme di esistenza e di pensiero innaturali, se non malvage, che si mostrano come segni inequivocabili dei sempre più incombenti tempi ultimi.

Si potrebbero così spiegare alcuni dei “vizi” venutisi oggi ad affermare con una forza ed una diffusione mai avute in precedenza, a partire dall’esasperazione dei bisogni materiali, del nutrimento e della cura del corpo, potenziati e assecondati dal consumismo imperante, per soddisfare i quali si è disposti a sacrificare e mettere da parte qualunque remora morale; oppure la volontà di dominare e comandare su tutto quello che circonda e su tutti quelli che sono a tiro (compresi gli automobilisti incrociati per strada!), la cui puntuale descrizione, più che nella psichiatria andrebbe cercata in Konrad Lorenz e nell’etologia; finendo con la pretesa degli attuali individui di essere immortali per i presunti miracoli della scienza, privandosi così dei preziosi consigli e insegnamenti che giungono incessantemente da nostra “sorella morte corporale”.

I quali vizi corrispondono poi, a ben guardare, alle tentazioni con cui – invano! – lo spirito del male aveva già provato ad ingannare Cristo durante il suo ritiro dei quaranta giorni nel deserto; illudendosi di poter approfittare e trarre beneficio, per il suo intento malefico, dell’ambiente ostile in cui Quello si trovava e della Sua (apparente) debolezza fisica. Evidentemente, ciò che non gli riuscì allora, è stato di facile realizzazione oggi, vista anche la differenza “ontologica” delle vittime.

C’è comunque da dire che i moti dell’animo, nei comuni mortali, e gli eventi naturali, nell’ambiente esterno, hanno numerosi punti in comune, equivalendosi nelle manifestazioni e negli effetti prodotti sui rispettivi soggetti. I sentimenti agiscono e lasciano nell’uomo segni indelebili, ferite insanabili, talvolta deformità irrimediabili, al pari di quelli che la natura, con lo scatenarsi della guerra degli elementi, imprime sul paesaggio esteriore, sulla vegetazione e sugli alberi, sulle montagne e nei fiumi. Le luminose giornate primaverili, le calme ore di quiete serenità e pace, o le devastanti tempeste invernali e le sconvolgenti mareggiate, agiscono allo stesso modo e con le medesime conseguenze sulla coscienza umana e sul paesaggio esterno. Ognuno di questi segni, di queste cicatrici, tuttavia, se si posseggono le opportune disposizioni e le qualificazioni necessarie, hanno un loro effetto sul destino spirituale di chi li porta, fornendo l’occasione e il punto di partenza per suscitare il risveglio, nel momento in cui non ci si lascia piegare e spezzare dalle intemperie della vita e non si cede al sonno dell’oblio.

E proprio il superamento del “sonno”, il destare la mente che dorme, come nelle veglie d’armi e nelle veglie rituali, è sempre stato considerato in tutte le tradizioni iniziatiche – come ci ricorda Evola – un segno della partecipazione «ad una lucidità trascendente, sciolta dalle condizionalità dell’esistenza materiale e individuale». Richiamo coincidente col suo ripetuto invito a mantenersi eretti in piedi e con un’attitudine verticale e attiva (ricordiamo che in spagnolo l’essere nobile viene indicato come hombre vertical); in contrapposizione col grufolare a testa in giù nel fango della “gente grossa”, già disprezzata dal vero Fedele d’Amore Francesco da Barberino, ed oggi miseramente piegata in basso, verso lo schermo di uno smartphone o di un telefonino.

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